Una notizia apparentemente modesta apparsa sulla stampa nei giorni scorsi e che riferiva come Caltagirone avesse acquisito l’1% del capitale di Mediobanca, contribuisce in realtà a segnalare delle importanti novità negli assetti proprietari di Mediobanca-Generali e in quelli più generali dei grandi gruppi nazionali residui.

Una volta queste questioni sarebbero state al centro del dibattito, mentre oggi esse suscitano solo un moderato interesse e si svolgono in un clima crepuscolare, da tramonto di un impero. Le coeur n’y est plus, lo sguardo è assente. Sono distanti i tempi del Cuccia trionfante, quando Mediobanca era il punto nodale del sistema finanziario e imprenditoriale italiano. Gli attori di quell’epoca sono quasi tutti morti, mentre le grandi imprese private non ci sono più, o sono emigrate verso altri lidi. È passato il tempo in cui i giornali francesi temevano l’arrivo dei “condottieri” (Agnelli, Gardini, De Benedetti) che, si pensava, avrebbero acquisito pezzi interi dei gruppi transalpini. Con il tempo si è verificato l’esatto contrario: i francesi sono oggi padroni di mezza Italia e la nostra stampa non si è peraltro spaventata.

Di Cuccia, una volta valutato come un genio della finanza, oggi si vedono soprattutto i limiti. Egli non si preoccupò di sostenere le imprese e i loro programmi, ma solo di salvaguardarne gli assetti proprietari. I piccoli investitori erano solo un “parco buoi” da eventualmente spolpare. Cuccia sponsorizò poi alcuni assalti ad imprese europee che fallirono miseramente, dalla Continental concupita dalla Pirelli, alla Société Générale de Belgique, obiettivo di De Benedetti, all’Axa francese voluta a suo tempo da Generali. Da noi non sono certo mancati nel tempo i maghi della finanza; ma alla brillante stagione dei Beneduce e dei Mattioli è succeduta quella, molto meno positiva, dei Cuccia e dei Carli; ora si auspica che il genio solitario dell’ultima generazione, Draghi, faccia un poco meglio; c’è chi ci spera.

Secondo tempo: gli abiti nuovi del capitalismo nazionale
Mediobanca è oggi come quel nobile che ha perso quasi tutto ed è stato cacciato dalla Corte. Gli resta quasi soltanto il castello di famiglia. A Mediobanca rimane il controllo di Generali, il più grande gruppo assicurativo e ultimo custode nazionale di grandi liquidità; Mediobanca ne è l’azionista di maggioranza relativa, detenendo il 13% del capitale. Ma tale posizione è ora sotto attacco. Leonardo Del Vecchio, il patron di Essilux, il gruppo italo-francese, possiede, attraverso una finanziaria del Lussemburgo (e come se no?) il 5% del capitale della società assicurativa; intanto Francesco Caltagirone, glorioso palazzinaro andreottiano, ha il 5,7% e Benetton il 4%. Sempre Del Vecchio è ormai arrivato a detenere il 13,2% della stessa Mediobanca e potrebbe arrivare sino al 20%. Caltagirone dispone di un altro 1% e Benetton del 2,1%. C’è poi anche Berlusconi.

Del Vecchio vorrà presumibilmente prendere il controllo di tutto, magari con l’aiuto, più o meno interessato, degli altri. Per farne cosa non si sa.
L’occasione buona sarà forse rappresentata dal rinnovo del consiglio di Generali, il prossimo anno. Il compito non appare peraltro semplice, perché esistono delle norme che potrebbero costringere i soci privati a lanciare un’Opa totalitaria. In ogni caso gli “italiani” vogliono cambiare l’Ad, Philippe Donnet, che scade con il Consiglio.

A conferma del fatto che l’Italia è un paese solo per vecchi va ricordato che Del Vecchio ha 86 anni e Caltagirone “solo” 78.
La situazione di del Vecchio è interessante. Egli controlla oggi la Essilux, colosso mondiale dell’occhialeria, il solo caso in cui una joint-venture italo-francese sia controllata dagli italiani, rara avis in terris. I francesi hanno già tentato di impadronirsene, fallendo; riproveranno finché non ci riusciranno e a quel punto potrebbero prendere in mano tutto il banco.

In qualunque modo andrà a finire la storia, non sembra che il nostro paese ci guadagnerà qualcosa, anche se la solita stampa fa intendere che con i nuovi potenziali padroni si difenderà l’italianità di Generali. La speranza che si riesca ad indirizzare le strategie del gruppo a fin di bene ci sembrano remote. Intanto sono impalpabili i legami tra Del Vecchio e Unicredit, banca dove entra in consiglio anche il figlio di Andreotti.
Comunque il duo Del Vecchio-Caltagirone tende a diventare l’asse portante del governo dei grandi gruppi residui del capitalismo nostrano (con quale ruolo per Unicredit?).

Mediobanca conterà anche molto di meno di prima nei destini di Generali e dovrà rassegnarsi ad essere una banca d’affari di seconda fila nel contesto europeo. Un destino poco glorioso, ma secondo noi in larga parte meritato.