Ha aspettato una telefonata tutto il giorno. Aveva implorato: «Se Di Maio chiama, io rispondo». Ma la chiamata del ministro non c’è stata. E Pippo Callipo ora deve passare al piano B. Che però non si sa quale sia. I 5 stelle fanno quadrato intorno al candidato di bandiera, l’economista Francesco Aiello. Lo presentano ufficialmente e rispondono così al doppio upper cut (il caso della villetta abusiva e la scesa in campo dell’imprenditore ittico) che avrebbe steso chiunque. Impassibili, continuano per la strada tracciata dalla piattaforma Rousseau e correranno da soli.

L’impresa è titanica. Alle scorse regionali il sistema grillino di reclutamento era quello classico: niente nomination calata dall’alto ma «regionarie» in rete. Il risultato fu pessimo. Il candidato prescelto fu Cono Cantelmi, un anonimo impiegato di banca che fece una scialba campagna elettorale. Salì alla ribalta solo per aver annunciato un volo in parapendio, «per magnificare le bellezze della regione». Alla fine, rinunciò pure a quello. Il risultato delle urne fu un tracollo: 4,3% e fuori dal consiglio. In Calabria il sistema elettorale è machiavellico: prevede un maxi quorum all’8% per i non coalizzati (il 4% in coalizione). Per Aiello sarebbe già un exploit superarlo. A differenza del 2014, ora gli avversari sono tanti e ciascuno con un proprio peso specifico.

Il no dei grillini rovina i piani della troika dem, di stanza in regione da sei mesi. Il commissario Stefano Graziano e il responsabile per il Sud Nicola Oddati avevano investito tutte le loro fiches sul patto modello Umbria tra le due forze che sostengono il governo Conte. Ma hanno fallito. L’unico risultato prodotto è un democrack che ha spaccato il partito. Oggi a Lamezia il presidente uscente Mario Oliverio inaugura il suo comitato. E’ l’annuncio della ricandidatura. Graziano non l’ha presa bene e ha avvertito i dissidenti. «Chi non appoggia Callipo è fuori dal Pd». I consiglieri regionali fedeli al presidente (Giuseppe Aieta, Mauro D’Acri, Michele Mirabello e Gianni Nucera), intanto, continuano a fare pressione sul segretario Zingaretti affinché convochi un «tavolo politico a Roma, perché in ballo c’è il destino di una regione e non dei singoli. Il metodo utilizzato nella scelta di Callipo appare divisivo». Oliverio, insomma, soffia sul fuoco della protesta, come dimostra la nota diffusa da 100 segretari di circolo del Pd che dipingono Callipo come «l’uomo divisivo per antonomasia» (nel 2010 si candidò contro il centrosinistra e nel 2014 appoggiò la destra) e chiedono le primarie di coalizione. Richiesta che la segreteria Zingaretti ha più volte detto di non voler accogliere. Gli oliveriani rispondono a stretto giro.«Ora che il commissario ha istruito il suo dossier e ha individuato il candidato tocca al partito valutarlo, iniziamo con l’assemblea regionale. Questa è la prassi, questo è lo statuto. Non possiamo essere trattati come i soci di una bocciofila».

Tutto fermo invece a destra. La Calabria è ancora una patata bollente da maneggiare con cura. La coalizione di Salvini, Meloni e Berlusconi è alla ricerca di un candidato presidente che metta d’accordo tutte le anime. Nell’attesa del vertice decisivo, nelle ultime ore, è spuntato il nome della sindaca di Vibo Valentia Maria Limardo. Durante l’ultima campagna per le europee, ad una iniziativa di Fratelli d’Italia, fece più volte il saluto romano davanti al pronipote del Duce, candidato per il partito meloniano. «È nota la mia appartenenza, la mia storia politica. Mia nonna è stata segretaria del Fascio» disse.