Firmato a Palazzo Chigi il Protocollo sui call center: tredici grandi aziende committenti, alcune controllate dal pubblico, hanno siglato il testo alla presenza del presidente del consiglio Paolo Gentiloni e del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. Si tratta di Eni, Enel, Poste Italiane, Wind 3, Ferrovie dello Stato, Tim, Fastweb, Intesa San Paolo, Ntv, Mediaset, Unicredit, Vodafone, Sky.

Il Protocollo, aperto a nuove adesioni, è composto da quattro punti cardine: qualità del servizio, delocalizzazione, costo del lavoro e clausola sociale. Con questo documento, spiega il governo, viene limitata la delocalizzazione fuori dal territorio italiano garantendo che «il 95% delle attività effettuate in via diretta sia effettuato in Italia entro 6 mesi dalla stipula» e «per i nuovi contratti, almeno l’80% dei volumi in outsourcing sia effettuato sul territorio italiano, fermo restando il vincolo a non ridurre la quota attuale qualora superiore a tale valore».

Inoltre, si legge ancora nel Protocollo elaborato dal ministero dello Sviluppo, l’accordo punta a «ottenere il più alto livello qualitativo nel servizio di contact center, anche attraverso la chiarezza, semplicità di fruizione e correttezza delle informazioni fornite, la certificazione linguistica B2 per gli operatori fuori dal territorio nazionale, l’individuazione di procedure che assicurino tempi di risposta definiti, l’applicabilità della normativa nazionale sulla privacy anche per i servizi erogati all’estero e il rispetto delle fasce orarie individuate dalla normativa o dalle autoregolamentazioni vigenti».

Nel Protocollo si tocca anche il punto relativo al costo del lavoro, tema delicatissimo per il settore. Viene stabilita la «sterilizzazione della componente costo lavoro dalle offerte dei fornitori, ovvero esclusione delle offerte dei fornitori se il costo lavoro orario è inferiore al parametro di riferimento, calcolato come come da articolo 23, comma 16, del decreto legislativo 18 aprile 2016, numero 50, sulla base di accordi con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, e in mancanza di questi ultimi, sulla base dei contratti collettivi nazionali applicabili alle imprese di contact center stipulati con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative».

C’è anche la clausola sociale, cioè «l’impegno a prevedere strumenti di tutela analoghi a quelli previsti dalla norma in relazione alla clausola sociale o, alternativamente, valorizzare l’impegno dei fornitori di garantire l’applicazione di strumenti di tutela dei lavoratori analoghi a quelli previsti dalla norma». Clausola sociale che però sarebbe meglio fosse istituita per legge e nei contratti di settore. La durata del Protocollo è di 18 mesi «con rinnovo tacito e verifica dei risultati decorsi entro 12 mesi»