«Sharon C. 27 anni. Prendevo appuntamenti per grandi aziende: Vodafone, Enel, Eni, Bureau Veritas. Non sono mai stata pagata». Stesso cartello per Luca A., di 48 anni. E per Nausicaa G., di 30. Ma anche per Giovanna A. e Ottavio A. Insieme a una decina di colleghi, i ragazzi del call center “incredibile” che il manifesto ha raccontato ieri, si trovavano davanti al centro direzionale Vodafone di Lorenteggio, nel milanese, travestiti da pinguino (quello degli spot). Per chiedere conto e ragione a uno dei committenti per cui hanno lavorato, in appalto, per diversi mesi. Con loro anche le Rsu dei dipendenti Vodafone, e delegati Cgil di McDonald’s ed Esselunga, sempre di zona.

Nel frattempo, una delegazione del sindacato incontrava alcuni rappresentanti Vodafone. Che, va detto, è stata la prima azienda a muoversi dopo che i fatti sono finiti sui giornali: mentre Eni ed Enel ancora tacciono, ma si aspettano risposte a giorni.

Riassumiamo la storia: nel novembre 2013, Giovanna Mascara, un’imprenditrice milanese, apre un call center in un appartamento di Cesano Boscone. Ottiene commesse da varie imprese locali, che a loro volta hanno ottenuto appalti dalle multinazionali: Kaledonia, Fra.ri.com, 2A Service, Onyx Innovation. Per conto di queste ultime, che invieranno poi i loro agenti, deve contattare telefonicamente imprese, negozi e amministratori di condominio per proporre contratti Eni, Enel, Vodafone, Bureau Veritas.

Al call center, che sulla carta è in regola – con contratti da dipendenti a tempo indeterminato full time – passano circa 22 ragazzi, che però, da novembre a oggi, non sono mai stati retribuiti. Partono le denunce, si attiva il sindacato, intervengono gli ispettori (Asl e Inps, mentre l’Ispettorato del lavoro, seppure avvisato, non ha mai inviato un controllo).

«Alla Vodafone sono stati disponibili – spiega Giorgio Ortolani, segretario Filcams Cgil Lombardia, che ieri era in delegazione – Ci hanno detto che erano dispiaciuti, e che di solito avvenimenti di questo genere non capitano mai, in quanto applicano un codice etico rigido sugli appalti, pretendendo la regolarità. Ci hanno spiegato che a una loro prima indagine, la 2A Service, impresa che secondo le nostre ricostruzioni ha dato la commessa per i contratti Vodafone, non ha alcun rapporto con loro. E che se scopriranno che il loro marchio è stato usato illegittimamente, agiranno per tutelare la propria immagine».

Nel frattempo però ha scritto una lettera anche la 2A Service, affermando che in effetti ha dato commesse alla signora Mascara, ma che secondo la legge non è responsabile di eventuali suoi dipendenti (mentre, secondo la Cgil, la responsabilità invece si ravvisa). Lettera inviata alla Cgil, ma anche a Enel e Vodafone.

«Come mai hanno scritto anche a Vodafone, se la multinazionale afferma di non avere mai avuto rapporti con loro?», si chiede Ortolani. Credendo nella buona fede di Vodafone, si potrebbe pensare che magari in mezzo c’è un ulteriore intermediario, un appaltante che ha dato la commessa – senza informare la stessa Vodafone – alla 2A Service, che poi l’ha rigirata a Mascara. «In ogni caso – conclude il sindacato – la nostra richiesta resta attuale: si deve vigilare in modo rigido su tutta la filiera degli appalti».