Gli incendi californiani sono in via di contenimento. Mentre i pompieri lavorano per estinguere gli ultimi focolai, emergono però più chiaramente i contorni della tragedia. Sulle colline a nordovest di Los Angeles sono bruciati oltre 40.000 ettari di terreno, tre persone hanno perso la vita e sono andate distrutte circa 600 abitazioni. Ma è nella contea settentrionale di Butte, a nord di Sacramento, che i dati sono davvero drammatici.

Le vittime accertate del fuoco sono già oltre 70, in gran parte nella città di Paradise, andata praticamente interamente distrutta nelle fiamme. 100.000 ettari sono stati ridotti in cenere, 6.000 strutture bruciate e 40.000 sfollati sono rimasti senza casa – da oltre una settimana molti vivono all’addiaccio o in tende allestite in parcheggi. Il macabro bollettino delle vittime è destinato certamente a crescere. Il dato più sconcertante riguarda le persone tuttora disperse: sarebbero quasi mille coloro di cui non si ha ancora notizia a una settimana dall’inizio delle evacuazioni. Lo sceriffo della contea ha spiegato che molte persone potrebbero essere ancora semplicemente non contattabili a causa della dispersione della popolazione e dei danni alla rete telefonica mobile.

Sale tuttavia l’angoscia per la sorte dei dispersi. A Paradise – o quel poco che ne rimane – squadre specializzate rastrellano la cenere con cani e setacci alla ricerca di resti identificabili di vittime che non hanno fatto a tempo ad abbandonare le proprie abitazioni, si sospetta infatti che molti abitanti, soprattutto anziani, non siano riusciti a mettersi in salvo. Ci vorranno giorni ancora per avere un quadro definitivo ma si profila l’ipotesi concreta di un bilancio ancor più tragico per quello che era già di gran lunga l’incendio più devastante della storia dello Stato.

Ieri c’è stata la visita del presidente «nemico», il cui primo atto, mentre ancore le fiamme erano alte, era stato polemizzare con le autorità locali sulla gestione forestale e minacciare il taglio dei fondi federali. Non è l’unico paradosso ad emergere da questo disastro. C’è infatti chi si chiede la ragione del divario fra le entità delle catastrofi nella comunità blue collar del nord e quella relativamente minore dei danni a Malibù e negli altri facoltosi quartieri a ridosso della «riviera hollywoodiana». Una differenza sembrano averla fatta le brigate di pompieri privati.

Molta attenzione come avviene in questi casi è stata attirata dalle personalità dello spettacolo che abitano nella zona. Miley Cyrus e Liam Hemsworth hanno postato immagini del cumulo di cenere rimasto della villa che hanno perduto nelle fiamme. La villa da 60 milioni di dollari di proprietà di Kanye West e Kim Kardashian invece è stata salvata. Come le mega ville di molti facoltosi vicini nel comprensorio di Hidden Hills, era protetta da un’assicurazione supplementare che prevede l’invio di unità di vigili del fuoco privati per salvare le ville dei clienti.

Alcune grandi società di assicurazione come la Aig offrono ormai il servizio premium a fronte di una polizza supplementare che può valere molte migliaia di dollari all’anno. Gli assicuratori contrattano pompieri freelance per salvare esclusivamente le case degli abbonati – una spesa comunque minore del costo di una eventuale ricostruzione. La scorsa settimana molti residenti dei quartieri più lussuosi hanno potuto usufruire di pompieri impiegati direttamente dagli assicuratori che mentre si avvicinavano le fiamme hanno sfoltito la vegetazione attigua e bagnato le case con liquido ignifugo.

Gli incendi sono dunque stati un disastro naturale ma anche una catastrofe nell’era della disuguaglianza istituzionalizzata e sempre più marcata, un’epoca in cui il divario fra oligarchie privilegiate e grandi masse è sempre più universale. Nel mondo in cui la privatizzazione di un numero sempre maggiore di beni e servizi – dall’acqua alla medicina – è sempre più normalizzato, il salvataggio per abbonamento è il prossimo passo apparentemente inevitabile. Un realtà che consegue logicamente in un sistema come quello americano in cui ad esempio la salute non viene considerata un diritto ma un bene alla portata di chi può permettersi i servizi sanitari.

In quest’epoca tardo liberista, caratterizzata da una forbice sociale distopica, è apparentemente normale che i pompieri si occupino degli abbonati che se li possono permettere – e che lascino bruciare una casa in fiamme se l’inquilino non può produrre un contratto valido. A quando la stessa protezione differenziata anche in caso di inondazioni o terremoti o le altre catastrofi destinate ad intensificarsi e diventare sempre più frequenti?