Tutto inizia e finisce nel deserto, al confine tra Arizona e Messico, tra storie di frontera, memorie perdute e ritrovate, e un mondo che cambia all’improvviso. A raccontarlo ci pensano Joey Burns e John Convertino, alias Calexico (in onore della città al confine con il Messico): incontratisi a Los Angeles come bassista e batterista dei Giant Sand all’inizio degli anni ’90, cominciano la loro avventura personale trasferendosi a Tucson, Arizona, e dando vita a un miscuglio originalissimo di chitarre mariachi e batterie jazz anni ’50, psichedelia e Morricone. In trent’anni di carriera il suono polveroso delle origini ha virato verso il pop di ottima qualità, la voce di Joey si è fatta dolce e sicura come non mai, le architetture ritmiche di John sempre più free e inventive. E poi è arrivato il virus, e tutto è andato a rotoli: tour annullati, viaggi impossibili, lockdown.

Il deserto di Sonora è fuori, emana il suo canto ancestrale che li richiama comunque all’azione: registrano una manciata di canzoni con l’idea di un ep natalizio e invitano vari amici (Bombino, Gaby Moreno, Gisela João, Nick Urata dei DeVotchKa, Camilo Lara) a cantare e suonare con loro, seppur a distanza, per celebrare la vita in questo momento oscuro. In modo spontaneo e gioioso nasce Seasonal Shift (è uscito per Anti-/ City Slang il 4 dicembre) che è più una raccolta di canzoni positive e festose che un disco di Natale. I riferimenti alla cultura messicana sono tanti, come i due eventi religiosi Dia de Los Muertos e The All Souls Procession, che ispirano Hear The Bells, il singolo che apre il disco.

NONOSTANTE la canzone sia una dedica ai morti, o a un amante che non c’è più, ad ascoltarla più volte infonde un curioso sentimento di speranza, grazie al bellissimo intreccio country di chitarre vibranti e lap-steel miagolanti. Celata all’interno c’è anche una citazione di Cancíon Mixteca, una vecchia canzone messicana sulla terra natia, che nel film Paris, Texas fu suonata dal «solito» Ry Cooder e cantata dall’immenso Harry Dean Stanton.
«Quando mi trasferii a Tucson nel 1993 e lavavo i piatti al Bentley’s Cafe», racconta Burns, «l’ascoltavo sempre e imparai a suonarla e cantarla. È un richiamo alla mia connessione con il deserto di Sonora». «Già, ma qual è il suono del tuo deserto?», gli chiedo. «È il brontolio di un lontano temporale durante la stagione dei monsoni, accompagnato da un cielo grigio all’improvviso e l’odore pungente di creosoto nell’aria».

LA NATURA, nella sua presunta immobilità, da queste parti lascia senza fiato. Anche il socio Convertino ne è convinto: «Amo questo posto. Fa un freddo cane ed è un caldo bestiale. È vuoto e pieno. Cambia in continuazione e rimane sempre se stesso. Probabilmente non è molto diverso dal sud dell’Italia, da cui proviene la mia famiglia, dalla Puglia», mi racconta emozionato. «Per me il deserto ha l’odore della prima pioggia dopo la siccità… il suono è l’ululato dei coyote… e il momento più bello quando l’alba incontra una notte di luna piena e le ombre attraversano il tuo cammino verso il fiume». Durante questa forzata pausa John ha sistemato la sua vecchia Volkswagen Karman Ghia del 1958 («sono diventato un bravo meccanico, l’ho smontata pezzo per pezzo») e ha registrato anche il bellissimo Correspondents (Sweet Dreams Press) con Naïm Amor, francese trapiantato a Tucson, uno dei componenti della band Friends of Dean Martinez.

UN ALTRO struggente disco «su corrispondenza», suonato anch’esso in casa, o in garage, spesso in punta di piedi per non svegliare la famiglia, ma di grande impatto emotivo, tra bolero, rumba e ballate d’amore dove la chitarra del francese riporta un po’ di Parigi nel deserto, e i tamburi di Convertino fanno sobbalzare le anime inquiete: «È stato incredibile poterlo fare», mi dice John, «avere uno scopo in questo strano momento di quiete e pace, ma anche di malattia e morte, con un sacco di scontri razziali, le stronzate di Trump…».

Correspondents e Seasonal Shift raccontano questo momento con chitarre tremolanti, spazzole sui tamburi, languide fisarmoniche, mentre la natura, fuori, sembra immobile ma non lo è. «È il nostro bene più prezioso», chiosa Joey, «Nella canzone Nature’s Domain parlo proprio della disconnessione dal nostro pianeta. Come può non far parte delle nostre vite e delle nostre storie?», mi dice Joey. Il deserto ringrazia, silenzioso e quieto. Felicità e gratitudine per Burn & Convertino, e per tutti i loro amici.