Il ministro che accusa tutti di demagogia, ne ha fatta ieri a bizzeffe sul gas. Pochi minuti dopo l’incendio a Baumgarten in Austria Carlo Calenda già utilizzava l’incidente per fare propaganda a favore della Tap, il gasdotto che arriva dal Mar Caspio e che continua a scatenare proteste degli ambientalisti in Puglia.

«Se avessimo il Tap, oggi non dovremmo dichiarare lo Stato di emergenza per questa mancanza di fornitura. È inaccettabile che si blocchi un gasdotto, è inaccettabile che si mandi via un investitore», ha tuonato il ministro dello Sviluppo economico, prendendosela in primo luogo contro quel Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, che ha appoggiato la protesta anti-Tap e ha deciso di ricorrere contro il decreto governativo e il piano Arcelor Mittal per l’Ilva di Taranto.

La frase di Calenda ha provocato una vera psicosi allarmistica, alimentata dai media, molti dei quali hanno parlato subito di «Allarme Gas in Italia». L’incendio di Baumgarten ha ridotto l’operatività del gasdotto Tag che porta in Italia il gas russo attraverso l’Austria fino all’ingresso di Tarvisio della rete nazionale italiana. Le conseguenze finora sono pochissime. Lo stesso ministero dello Sviluppo economico ha subito spiegato che «la fornitura di Gas ai consumatori italiani è comunque assicurata in quanto la mancata importazione viene coperta da una maggiore erogazione di Gas dagli stoccaggi nazionali sotterranei», più alcuni rigassificatori rimessi a disposizione come Olt Offshore Lng Toscana di Livorno grazie allo «stato di emergenza dichiarato» come da regolamento europeo in materia.

Anche l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi ha rassicurato sulla portata dell’incidente, spiegando che il gas proveniente dall’hub di Baumgarten «copre poco più del 30 per cento del fabbisogno italiano e di questo Eni ha l’80 per cento» e che «se finisse domani non sarebbe un problema, se dura qualche giorno o settimana lo possiamo compensare. Tra gli addetti ai lavori non c’è allarmismo, è un problema tecnico meccanico che andrà a ridursi» ma nel contempo spiega che «il gas oggi ha vissuto un problema che è normale quando l’Italia, come tutta l’Europa, fa dell’import tra il 70 e il 90 per cento dell’energia necessaria. Questa fragilità può essere sconfitta solo con la diversificazione attraverso pipeline».

In realtà l’Italia è piena di gasdotti, tanto da ambire ad essere «l’hub del gas». Oltre al Tag, colpito dall’incendio ieri, il più capace con 40,2 miliardi di metri cubi l’anno, c’è il Tmpc dalla Tunisia e l’Algeria con una capacità di 33,5 miliardi di metri cubi l’anno; c’è il TransitGas che dalla Svizzera porta il gas norvegese per 18 miliardi di metri cubi l’anno. Poi c’è il Green Stream che arriva dalla Libia per 8 miliardi di metri cubi l’anno.

Ma molti altri sono i gasdotti in costruzione. Anche dando per morto il South Stream che – sponsorizzato da Berlusconi e Putin- doveva collegare la Russia all’Italia passando per l’Europa sudorientale con una portata di 30 miliardi di metri cubi l’anno bloccato anni fa dai veti turchi e bulgari, sono comunque prossimi al compimento il Igi Poseidon tra Grecia e Italia, il Galsi – acronimo di Gasdotto Algeria Sardegna Italia – che avrà una capacità di 8 miliardi di metri cubi all’anno e la cui entrata in esercizio è attualmente prevista per il 2018.

In serata anche Calenda ha dovuto ricalibrare i suoi allarmismi annunciando infine in pompa magna da «Porta a Porta» che «abbiamo riserve per andare avanti 5-6 giorni in caso di chiusura totale delle forniture, ma comunque questa (ieri, ndr) notte si riaprirà la rotta dall’Austria».
Con buona pace della necessità del Tap.