«Caro manifesto, non è che io “ho promesso” un paracadute agli operai Embraco. L’ho varato sotto forma di fondo da 200 milioni. Cancellato da Di Maio. Almeno sugli operai fate giornalismo, non propaganda politica».

Il tweet di Calenda contro “il manifesto”

Non è la prima volta che l’ex ministro Carlo Calenda usa Twitter per attaccare, rispondere, bloccare noi del manifesto. E non è la prima volta che viene smentito dai fatti. E dagli operai.
Questa volta se l’è presa con un articolo pubblicato due giorni fa a firma del nostro Maurizio Pagliassotti che raccontava il blocco stradale a Torino dei lavoratori dell’ex Embraco «presi in giro da due anni».
La vertenza partì con la decisione della Whirlpool Latin America di chiudere lo stabilimento di Riva di Chieri per delocalizzare in Slovacchia la produzione di compressori per frigo.
L’allora ministro dello Sviluppo economico – in piena campagna elettorale per le Politiche del 2018 – si impegnò in prima persona per trovare un’alternativa. Così arrivò la Ventures, proprietà italo-israeliana e la promessa di reindustrializzazione con la produzione di biciclette e robot per la pulizia dei pannelli solari.
Davanti ai cancelli della fabbrica Calenda annunciava trionfante: «Sono state presentate ai sindacati le due società che faranno l’investimento nell’ex Embraco, riprendendo tutti i lavoratori con gli stessi diritti e le stesse retribuzioni senza nessun supporto di denaro pubblico», sottolineava il ministro.
Ad un anno e mezzo di distanza, Ventures non ha riattivato alcuna produzione. E pochi giorni fa la procura di Torino ha aperto un fascicolo a seguito di un esposto firmato da 108 lavoratori che hanno denunciato la Ventures: l’azienda ha già avuto contributi per 28 milioni da Whirlpool per la reindustrializzazione.
Da tempo Calenda parla di questo «fondo da 200 milioni». Si tratta – spiegano i tecnici del ministero dello Sviluppo – di risorse stanziate con decreto ministeriale del maggio 2018 – a pochi giorni dall’addio di Calenda dal Mise – per un «Fondo anti delocalizzazioni, spostando risorse dal fondo Sviluppo e coesione». A quel tempo Calenda strombazzava ai quattro venti di aver risolto la vertenza.
A parte la mancanza di tutti i decreti operativi, quello che sottolineano dal Mise è che «il decreto prevedeva come Invitalia potesse intervenire come co-investimento (e quindi non da sola) in capitale di rischio solo in caso di nuova industrializzazione». E quindi non finché Ventures era in campo.
Calenda invece disse ai lavoratori Embraco: «Invitalia rimane col fondo anti-delocalizzazione attivato per problemi che speriamo non succedano. Nel caso potrà aprire il paracadute».
Se lo ricorda bene Ugo Bolognesi che per la Fiom ha seguito tutta la vertenza. «La cosa paradossale è che quando facemmo l’accordo con Ventures noi chiedemmo che entrasse anche Invitalia nel capitale per essere più garantiti. Fu Calenda a dirci: “Ventures non chiede fondi pubblici e quindi Invitalia non può entrare”. Ricordata oggi è veramente una beffa. È lui ad essere demagogico e propagandista».
Bolognesi invece ci tiene a sottolineare come «il manifesto è il quotidiano nazionale che ha dato più spazio alla vertenza e di certo non fa propaganda». «Calenda più volte ci ha attaccato dicendo che non chiedevamo a Di Maio del fondo anti-delocalizzazioni ma noi lo abbiamo sempre fatto ma ci è stato detto che non poteva essere utilizzato».
Il Mise conferma che «per valutazioni politiche differenti il fondo anti delocalizzazioni è stato considerato inutile, ma uno strumento simile è stato usato con il Fondo tutela dei marchi storici, usato nella vertenza Pernigotti», anche questa non ancora risolta.
Proprio ieri però potrebbe essere arrivata una svolta per Embraco. Come da sempre chiesto dalla Fiom, il Mise ha riunito Whirlpool Latin America e Invitalia «per trovare una soluzione definitiva». Si attende la convocazione di un nuovo tavolo.