È l’estate del possibile big bang del sistema calcio. Oltre duecento milioni di euro per Neymar al Paris Saint Germain, con i francesi pronti a pagare la clausola rescissoria al Barcellona. E circa 180 milioni per Kylian Mbappè, il nome nuovo a livello mondiale, pronti a partire per il Principato di Monaco dagli uffici del Real Madrid. Cifre ancora sconosciute a queste latitudini. Si era letto qualcosa su offerte cinesi per Messi e Cristiano Ronaldo da oltre 100 milioni di euro di ingaggio a testa, pareva un orizzonte irraggiungibile per l’Europa, che deve tener conto dei limiti imposti dal Fair Play Finanziario. E invece.

È di queste ore l’attacco del presidente della Roma James Pallotta al Milan cinese che – a suo ire – spenderebbe soldi che non avrebbe in cassaforte. In precedenza, Walter Sabatini, dirigente dell’Inter e pure dello Jiangsu, club cinese che appartiene al gruppo Suning, spiegava come il mercato stia vivendo «bolla speculativa molto pericolosa». E poi è stato Gigi Buffon a rivelare tutti i suoi dubbi sulle cifre venute fuori per le operazioni di mercato riguardanti Neymar e Mbappè, sostenendo l’importanza dell’applicazione del fair play finanziario. Insomma, ci sono tutti i segnali: spese fuori controllo, «calcio dei pochi che possono permetterselo», oligocrazia del pallone con fuoriclasse concentrati in quattro-cinque squadre e che si spostano a tavolino soprattutto grazie all’avallo di sponsor tecnici di club e calciatori.

Per esempio, nel caso di Neymar, c’è Nike che ha nel brasiliano figura di punta e che non disdegnerebbe di certo il suo trasferimento a Parigi, realizzando magari – come avvenuto in altri casi – uno scarpino ad hoc che viaggerebbe in ogni angolo del globo via social network, sfruttando il pacchetto di sostenitori personali di Neymar tra Facebook, Twitter, Instagram. Insomma, popolarità, pubblicità, soldi. L’Uefa finora si è difesa alla crescita delle spese pazze del pallone con il Fair Play Finanziario. Una misura che non impone di spendere poco, ma chiede ci sia equilibrio di cassa tra entrate e uscite. Ma anche in questo caso ci sono delle scappatoie «creative».

Per esempio, il Psg dello sceicco qatariota Al Khelaifi ci riesce, non risulta carico di debiti, anche grazie al munifico contributo della Qatar Tourism Authority – l’ente turistico del Qatar – che paga 175 milioni di euro annui per mettere il logo sulla casacca dei parigini. Ovvero, il 30% dei ricavi – fonte Calcio & Finanza – della stagione appena passata per il club della capitale francese. E stavolta non ci sono state segnalazioni sospette di altri club, come è in vece avvenuto tre anni fa, quando l’Uefa si è vista costretta ad aprire un fascicolo per il mancato rispetto del fair value, insinuando ovvero che la sponsorizzazione del Psg si trattasse di un finanziamento mascherato al club da parte del governo del Qatar. Ma ora, soprattutto se si verificasse il passaggio di Neymar dal Barcellona al Psg a quelle cifre (222 mln di euro), anche il Fair Play Finanziario dovrà cambiare rotta, per alzare la competitività dei tornei internazionali, magari passando attraverso il salary cap, come nella Nba, forse una tassa sugli stipendi a tante cifre e una riduzione delle rose. Sperando che non sia troppo tardi.