La notte porta consiglio. E soprattutto un pacchetto di milioni di euro – circa 22, 350 milioni di pesos -, che impediscono al momento lo sciopero dei calciatori nel calcio argentino. Era tutto pronto, scarpini e divise sociali riposti nell’armadietto da parte degli atleti per un nuovo rinvio dell’avvio del campionato del Paese sudamericano. Solo l’intervento del Governo federale ha garantito la cifra con cui l’Afa, la federcalcio argentina e i club potranno ora saldare gli stipendi arretrati.

Ma la questione resta. Di solito a inizio marzo il campionato è alla terza, quarta giornata. Invece il pallone in Argentina non rotola da oltre due mesi e mezzo. Abissato da debiti, nodi di carattere politico, la gestione dei diritti televisivi. E reso anche meno interessante dall’adozione del format a 30 squadre, il torneo Primera che va a sostituire l’Apertura e il Clausura da 20 squadre.

Pochi fondi statali da ripartire per 30, la riforma è stata accolta con scetticismo dai grandi club, River Plate, San Lorenzo, Boca Juniors, più proiettati a creare un torneo parallelo. Insomma, uno stato di quiescenza più volte denunciato anche da star del pallone nazionale. Come Diego Armando Maradona, che l’anno scorso individuava il «colpevole» della drammatica condizione del calcio argentino in Mauricio Macrì, ex numero uno del Boca ma soprattutto presidente ultra-liberista dell’Argentina di oggi, che durante la campagna elettorale prometteva, tra le altre cose, di mantenere Futbol para todos, il programma-manifesto creato dalla ex presidentessa Cristina Kirchner per rendere gratuita la visione del torneo argentino su YouTube. I costi? Interamente a carico dello Stato. Un sistema che ha garantito migliaia di partite per tutti i tifosi, ma ha sfilato risorse ai club argentini, incapaci di gestirsi senza il soccorso dei soldi delle tv.

Tutto questo sino allo scorso gennaio: pochi pesos, Macrì ha ritrattato, niente più Futbol para todos, aprendo la strada alla guerra dei diritti tv. Il governo cerca ancora un investitore che consenta agli argentini di continuare a vedere le partite gratuitamente. Nel frattempo la decisione governativa di sospendere le sovvenzioni al futbol ha creato un danno economico ai club. Stipendi non pagati, nella totale inerzia dell’Afa, indebitata per circa 30 milioni di euro e che dovrà eleggere il nuovo presidente il 30 giugno.

Ora, l’intervento della Casa Rosada, che ripara la falla ma non risolve la crisi economica e politica del sistema calcio. I segnali erano evidenti da tempo. Il penultimo commissario tecnico dell’Albiceleste, la nazionale argentina, El Tata Martino, dopo essersi dimesso per l’infausta Coppa America persa ai rigori con il Cile, spiegava di non aver incassato otto stipendi. E così il collega della nazionale olimpica Julio Olarticoechea, che dopo i Giochi di Rio denunciava l’assenza dei pagamenti, costretto per vivere a chiedere prestiti alla figlia.