Per qualcuno la moratoria è finita. Con questi arresti la Procura di Milano rompe il silenzio calato sui fatti che riguardano Expo 2015, silenzio durato per tutti i sei mesi dell’Esposizione, silenzio rotto per fatti del Primo maggio. Ci sono gli arresti, c’è il reato di devastazione e saccheggio, c’è la sensazione che la Procura voglia arrivare a un ipotetico livello organizzativo del cosiddetto blocco nero, la «regia degli scontri», citando le parole usate in Questura. «A sei mesi dai fatti era importante dare una prima risposta, l’indagine va avanti» ha detto li procuratore aggiunto Maurizio Romanelli. Va avanti innanzitutto su quelle 300 persone che durante la MayDay No Expo tentarono di sfondare la zona rossa messa a protezione del centro di Milano. Prima e dopo quel tentativo di sfondamento, i danneggiamenti a banche, negozi e auto in sosta. Secondo la ricostruzione del pm Piero Basilone, convalidata dal gip Donatella Banci Buonamici, i dieci arrestati avrebbero partecipato «attivamente» a quelle fasi. «Ma non erano tra gli organizzatori», spiegano. «C’è stata una violenza organizzata molto bene, il blocco nero era composto da persone perfettamente travisate, in modo quasi professionale», ha detto il procuratore aggiunto Romanelli.
Per la Procura di Milano quanto avvenne tra le 16.30 e le 17.30 del Primo maggio fu «devastazione», e devastazione è l’accusa più grave imputata agli indagati. Art.419 del codice penale, triste eredità del codice Rocco, torna un’accusa che prevede pene e custodia cautelare pesanti, tra gli otto e i quindici anni, più volte usata contro i movimenti negli ultimi anni, e che apre le porte a concorsi morali già usati in processi come quello per gli scontri del 15 ottobre 2011 a Roma, l’11 marzo 2006 a Milano o Genova 2001.

Tutti i quindici indagati sono accusati a vario titoli di devastazione e saccheggio, travisamento, resistenza aggravata e incendio. Per dieci di loro è stato chiesto l’arresto. Quattro persone sono state arrestate a Milano, altre quattro in ad Atene, in Grecia. Un italiano e un greco risultano al momento irreperibili e sono ricercati.

I cinque greci coinvolti sono tra i quattordici identificati il giorno dopo la MayDay, il 2 maggio, nei pressi dell’Hotel occupato in zona piazza Piemonte, una occupazione sgomberata poche settimane dopo. Sono tutti giovani, nati tra il 1991 e il 1996, appartenenti all’area anarchica greca. I quattro milanesi arrestati sono squatter anarchici, conosciuti anche per la loro attività nel mondo dei rave party.
L’arresto è stato convalidato per una possibile reiterazione del reato tradotta dal gip con queste parole: «fanno delle forme di protesta sociale violenta il loro vivere quotidiano». Nell’ordinanza sono descritte le singole condotte degli indagati, i loro movimenti nel corteo e quelli del blocco nero. Non sono riportate intercettazioni e non si fa riferimento all’analisi di eventuali tracce di dna trovate sui giubbini neri raccolti a fine corteo. Il materiale, le fonti su cui si sono basate le indagini, sono gli oltre 600 Gb di materiale video e fotografico visionati da Digos e polizia scientifica.

I cinque indagati a piede libero sono tre milanesi, un comasco e un greco, anche loro indagati per le stesse imputazioni degli arrestati. Per uno di loro era stato chiesto l’arresto ma il gip l’ha rifiutato.
Quella frase del procuratore Romanelli, «era importante dare una prima risposta, le indagini vanno avanti» evoca un secondo tempo. Anche su questo Expo non è ancora finito.