Calano ancora i casi positivi al coronavirus individuati in Italia nelle ultime 24 ore. Sono stati 978 ieri, 18 meno di ieri. Più che il numero assoluto, è confortante il raffronto con i tamponi effettuati, oltre ottantamila e ventiduemila più del giorno precedente. Sedicimila test sono stati effettuati nella sola Lombardia, la regione con più casi (242) davanti al Lazio (125). Le vittime salgono di otto unità e ora sono in tutto 35.491. In aumento i pazienti ricoverati: sono 1.380, 92 più del giorno prima. Quelli in rianimazione, con i 13 di ieri, arrivano a 107. La pressione sugli ospedali rimane contenuta in termini assoluti, se si pensa che all’inizio di aprile i malati di Covid-19 riempivano quasi 35 mila posti letto di cui oltre quattromila in terapia intensiva.

LA PROGRESSIONE dei dati indica che in un mese i pazienti in Italia sono almeno raddoppiati, con un aumento più rapido tra quelli in gravi condizioni e questo fa tenere le antenne dritte agli epidemiologi. In questa fase, l’incubo di chi sorveglia i dati si chiama «crescita esponenziale»: si cerca di individuare il più precocemente possibile se i numeri dei malati, ancorché piccoli, raddoppino a tempi regolari e ravvicinati, quando si instaura questo regime, ogni misura di contenimento arriva fatalmente in ritardo e bastano poche settimane per tornare in emergenza. Per ora, siamo ancora lontani da questa eventualità a livello nazionale.

LA SORVEGLIANZA è massima soprattutto perché da oggi ricomincia l’attività delle scuole. Ieri, primo settembre, i docenti sono tornati a riunirsi per organizzare le attività didattiche. Da oggi iniziano anche le attività di recupero di alunne e alunni delle scuole superiori, che nel gergo scolastico quest’anno sono ribattezzati «Piani di apprendimento individualizzati». Diverse scuole hanno deciso di effettuare in presenza queste attività, che coinvolgono gruppi di alunni poco numerosi e rappresentano un piccolo test per le procedure anti-covid da adottare verso la riapertura vera e propria delle scuole, fissata a livello nazionale per il 14 settembre (Abruzzo, Calabria e Puglia posticipano al 24, la Sardegna al 22). Oltre ai test sierologici che coinvolgono “una tantum” i docenti, nelle scuole si prepara l’attività di sorveglianza epidemiologica che dovrà accompagnare la vita scolastica per tutto l’anno.

L’Istituto Superiore di Sanità ha annunciato ieri l’avvio dell’attività di formazione a distanza per 70 mila “referenti Covid”. Si tratta di operatori scolastici o sanitari che dovranno «monitorare e gestire possibili casi di Covid19 nelle scuole». Al termine del corso, spiega l’Istituto, «i partecipanti saranno in grado di utilizzare gli elementi operativi per la preparazione, il monitoraggio e la risposta a potenziali casi o focolai di Covid-19 collegati all’ambito scolastico e dei servizi educativi per l’infanzia adottando modalità razionali, condivise e coerenti sul territorio nazionale».

Oltre ai referenti, in alcune regioni sarà ripristinata la figura del “medico scolastico”. Il governatore del Lazio Nicola Zingaretti ha firmato ieri l’ordinanza che avvia la ricerca di circa cinquecento medici, infermieri e assistenti sanitari da dedicare all’attività di prevenzione e controllo dell’infezione da Sars-Cov 2 nelle scuole e per i servizi educativi. L’iniziativa del Lazio segue di sei giorni quella analoga adottata in Toscana dal presidente Enrico Rossi. «Tali professionalità – spiega una nota della regione Lazio – saranno acquisite anche attraverso la stipula di specifici contratti libero professionali e attraverso l’utilizzo delle graduatorie delle procedure concorsuali già in corso». Per partecipare basterà una laurea e non servirà alcuna specializzazione.

LA FIGURA DEL MEDICO scolastico era stata introdotta per la prima volta nel lontano 1961 e il medico era alle dipendenze degli uffici di igiene comunali. Nei decenni successivi, il ruolo era stato man mano smantellato, nonostante l’istituzione del servizio sanitario nazionale del 1978 non l’avesse formalmente soppresso. Da anni si discuteva della reintroduzione di questa figura e l’emergenza Covid-19 ha necessariamente accelerato le procedure. «Questi professionisti saranno coordinati dai Dipartimenti di Prevenzione delle Asl e saranno un argine fondamentale», dice Nicola Zingaretti. Ma come recitano le ordinanze regionali, i nuovi medici scolastici potranno essere anche “liberi professionisti” ingaggiati a contratto: una contraddizione rispetto allo sbandierato rilancio della medicina territoriale, per la quale sarebbe necessario rafforzare gli organici delle Asl piuttosto che affidare al settore privato un servizio pubblico così delicato.