Oggi, Emmanuel Macron va a Calais. Sarà accolto dalla protesta delle associazioni umanitarie, che denunciano la solita politica di caccia ai migranti, con distruzione sistematica di tende e coperte. A Calais, la cosiddetta «giungla» è stata smantellata da tempo, ma nei fatti ci sono alcune centinaia di persone che continuano a sopravvivere nascondendosi, sempre nella speranza di poter andare in Gran Bretagna. Sarebbero ameno 600. Il centro di emergenza aperto in città per far fronte al grande freddo ha solo 270 posti.

Il governo dopo l’estate ha aperto tre centri per migranti nella regione Hauts-de-France, uno a Crosilles (a 130 km da Calais) e dei Caes (centri di accoglienza e di esame della situazione), ma i migranti sono molto reticenti ad accettare questa nuova formula: funziona solo per chi ha buone probabilità di ottenere l’asilo politico, mentre per gli altri è l’anticamera dell’espulsione. In particolare, non funzionano per i cosiddetti «dublinati», già schedati nel paese di prima entrata nella Ue, che vengono rimandati indietro. Ma il ministro degli Interni, Gérard Collomb, intende aprire altri Caes un po’ dappertutto in Francia. Sarebbero una specie di «vetrina», all’apparenza rispettabile, per attenuare la contestazione della legge sull’asilo e l’immigrazione, che sarà presentata a febbraio e che metterà in applicazione la dottrina della «cernita» tra migranti, quelli che hanno diritto all’asilo e tutti gli altri, da espellere. Il nuovo leader della destra dei républicains, Laurent Wauquiez, sta dando involontariamente una mano al governo: «Con Macron gli immigrai clandestini resteranno sul nostro suolo», ha accusato. Nel 2017 la Francia ha registrato un record di domande d’asilo, un po’ più di 100mila (ma solo in 43mila, finora, hanno ottenuto il permesso di soggiorno).

Dopo Calais, il 18 gennaio c’è un vertice bilaterale franco-britannico, a sud di Londra. Sul tavolo c’è anche la questione dei migranti e la minaccia di una revisione degli accordi del Touquet del 2003. Con questi accordi, Londra ha scaricato il problema sulla Francia, dando in cambio dei finanziamenti per la costruzione di barriere a Calais, con l’obiettivo di rendere impossibile passare la Manica. La polizia britannica è presente a Calais, diventata «frontiera» Schengen. La Francia vuole ottenere una maggiore partecipazione britannica, non solo finanziaria, ma anche di accoglienza: in particolare, Parigi chiede che Londra accolga i minori isolati che hanno dei famigliari oltre-Manica. In caso contrario, c’è la minaccia di lasciar passare le persone, trasportando la «frontiera» a Dover, su territorio britannico. Theresa May, però, non ne vuole sapere, del resto la Brexit è stato votato anche per chiudere le frontiere ai migranti.