Il fronte francese della guerra ai migranti ieri ha proseguito la battaglia in vista dell’evacuazione di parte della “giungla” di Calais, in particolare la zona sud, con un perimetro di intervento che si allarga pero’ giorno dopo giorno. “Mettiamo in opera lo stesso dispositivo di lunedi’ – ha affermato il prefetto della regione Pas-de-Calais, Fabienne Buccio – e continueremo la nostra missione nei giorni seguenti”. 3500 persone avevano trovato un rifugio precario nella zona sud della “giungla”, lo stato vuole ridurne il numero a non più di 2mila. Lunedi’, in serata c’erano stati nuovi scontri, dopo una prima infiammata nel pomeriggio, che aveva portato alla sospensione momentanea dello sgombero. Ma ieri la società privata Sogea era di nuovo sul posto, con bulldozer e camion, su cui gli impiegati vestiti con un giubbotto arancione hanno caricato le macerie, quello che resta della vita precaria dei migranti che ormai hanno quasi tutti abbandonato il “perimetro” investito dall’intervento.

Il governo e il prefetto hanno trovato i colpevoli delle tensioni e delle violenze di lunedi’: sono i militanti, in particolare quelli del gruppo No Border, “molti britannici” dicono, che sono presenti a fianco dei migranti. Christian Salomé, presidente dell’associazione L’Auberge des Migrants, è convinto che “senza violenza”, lo stato “non riuscirà mai a vuotare la baraccopoli”, le autorità “lo sanno e tutto diventa pretesto per mandare le forze dell’ordine, almeno abbiano l’onestà di riconoscerlo”. Per i migranti evacuati o che sono andati via prima dell’arrivo delle ruspe, non c’è nessuna soluzione a Calais. C’è un centinaio di posti nei containers, con il problema del rilevamento delle impronte e il percorso della richiesta d’asilo in Francia, paese oggi molto poco generoso. Sono stati proposti degli autobus, con destinazione alcuni dei 102 Cao (Centri di accoglienza e di orientamento), sparsi in tutta la Francia. Ma lunedi’ solo 43 persone – molte non facevano parte degli ex occupanti della baraccopoli della giungla sud – hanno accettato la proposta delle autorità. 18 sono arrivati a Montpellier, ma 5 sono subito fuggiti, per tornare a Dunkerque. La maggior parte si è dispersa nella zona di Calais, “li ritroveremo ad errare qui e là” dicono all’Auberge des Migrants. Il prefetto Fabienne Buccio resta serena: “abbiamo conteggiato dei gruppi di migranti a varie riprese lungo la bretella (di collegamento con il porto di Calais), ma in modo sporadico e senza violenze”, ha commentato ieri.

La situazione si aggrava per i migranti, che comunque continuano a tentare l’attraversamento della Manica, per sbarcare nell’agognata Inghilterra (ogni sera, alcuni ci riescono). Il clima si avvelena, in un paese che il Consiglio d’Europa considera a rischio per la diffusione di “discorsi di odio”. Secondo un rapporto diffuso ieri, il Consiglio d’Europa “constata un aumento considerevole del discorso di odio e, soprattutto, della violenza causata da razzismo e intolleranza” in Francia, con una crescita di “atti antisemiti e islamofobi”. L’estrema destra continua a mietere consensi. Ieri, dopo la contestazione contro Hollande, Marine Le Pen è stata accolta con grandi applausi al Salon de l’Agriculture, dove ha proposto una soluzione semplice: vuole la testa del commissario europeo all’Agricoltura, Phil Hogan, contro il “dumping” intra-europeo.

Al Parlamento europeo, il capogruppo S&D, Gianni Pittella, ha denunciato “la situazione inumana nella quale dei rifugiati, degli esseri umani, vivono in Grecia o a Calais” e chiede “un’assistenza umanitaria urgente” da parte della Ue. Anche gli Usa cominciano a inquietarsi. Il segretario di stato, John Kerry, ha parlato di “crisi mondiale” e non più “regionale” per i rifugiati in Europa. Per l’Alto commissariato Onu ai rifugiati, l’Europa “è sull’orlo della crisi che essa stessa ha ampiamente provocato”, più di 130mila persone hanno già attraversato il Mediterraneo nei primi due mesi di quest’anno, per sfuggire dalle guerre. François Hollande riceverà venerdì all’Eliseo Angela Merkel, per preparare l’incontro con la Turchia del 7 marzo: la Ue, in cambio di cospicui finanziamenti, spera di subappaltare ad Ankara il ruolo di guardiano dei candidati all’esilio. Ryan Crocker, ex ambasciatore Usa in Iraq e in Siria, ha sottolineato i rischi “esistenziali” che corre l’Europa, di fronte al “flusso di rifugiati” che potrebbe portare al “disfacimento dell’Europa come costruzione politica”.