A destra lo sanno bene. La loro polizza per la vittoria si chiama centrosinistra. Escono i primi sondaggi che danno Roberto Occhiuto avanti di oltre venti punti e dal fronte avverso non sanno far altro che ricominciare con la sceneggiata del totonomi. A quaranta giorni dal voto riprende la pantomima di Calabria. Come se in politica uno più uno facesse sempre due. «Ci vuole un candidato nuovo e unitario. Andare separati è un suicidio» sbotta l’ex presidente di regione Mario Oliverio. Lui è da poco tornato sulla scena. Ha detto di volersi ricandidare contro tutto e tutti («tanto il quorum dell’8% lo prendiamo di sicuro»). Ma il giorno dopo già mette la retromarcia. «A patto che lo facciano anche gli altri due» ha spiegato. Ma «gli altri due» non ne vogliono proprio sapere. Perché il primo, Luigi de Magistris, è in campo da 200 giorni e di resettare tutto non ha interesse né volontà. E la seconda, la neurologa Amalia Bruni, è alle prese con il difficile gioco di cucitura (e scucitura) delle liste.

MA PER COMPRENDERE il caos che regna a sinistra bisognava essere a Crotone mercoledì sera. Al termine di un lungo e partecipato comizio di Mimmo Lucano, inaspettatamente è arrivata da Catanzaro la «sardina» Jasmine Cristallo per chiedere (in privato) all’ex sindaco di Riace (candidato a sostegno di de Magistris) di fare il pontiere per l’operazione «azzeriamo tutto e ripartiamo daccapo». L’invito è stato respinto al mittente. La sconfitta in casa Pd l’avevano messa in conto. Ma arrivare terzi (o persino quarti) sarebbe un’onta indigeribile. Ed ecco che ripartono le manovre per sterilizzare definitivamente de Magistris. Che, al netto delle lacune della sua proposta politica, avrebbe forse costituito un argine all’avanzata della destra. Ma il duello Occhiuto-de Magistris era giudicato troppo insidioso per chi deve costruire soltanto la migliore delle sconfitte possibili. La discesa in campo di Oliverio rischia così di affondare definitivamente il Pd, destinandolo all’irrilevanza. Mentre il sindaco di Napoli sta perdendo giorno dopo giorno l’appeal iniziale. Dopo aver rotto con il populista Carlo Tansi (che portava in dote due liste) ieri è stato abbandonato dal movimento 24 Giugno-Equità territoriale, una formazione neomeridionalista che ha come artefice il giornalista Pino Aprile. Ora de Magistris guiderà solo 5 liste rispetto alle 8 inizialmente previste. E sopratutto non ha sciolto il nodo gordiano. Si candiderà anche come consigliere regionale oppure si limiterà alla candidatura a presidente? La bizantina legge elettorale di Calabria premia con lo scranno di consigliere solo il candidato presidente giunto secondo. Se decidesse di candidarsi anche a consigliere le polemiche sarebbero assicurate.

E COSÌ, MALGRADO l’arroganza con cui la destra sta governando il processo elettorale, tra un’infornata di assunzioni e il regalo ai cacciatori della stagione venatoria aperta in anticipo in mezzo a decine di roghi, Occhiuto ha un tappeto steso davanti. I dem hanno deciso di non salirci sul ring di Calabria. Consegnando una regione contraddittoria, complessa e complicata alla destra di Occhiuto (e Nino Spirlì).

ANCHE LA CGIL regionale stigmatizza l’indolenza del centrosinistra: «Molti cittadini ci chiedono il perché di tante divisioni, perché il centrosinistra abbia rinunciato sin dall’inizio ad essere unito e competere per vincere e per governare la Calabria, in un momento che può essere irripetibile per il paese». Ma l’unità delle forze progressiste e alternative alla destra andava costruita per tempo, non certo a ferragosto. Ormai è tardi. E le rilevazioni demoscopiche fotografano il disastro. Secondo Emg, il candidato di centrodestra otterrebbe uno score tra il 45 e il 49%. Segue, con molto distacco, la candidata di centrosinistra e Movimento 5 Stelle, Bruni, in una forbice tra il 24 e il 28% degli elettori. Solo terzo, al momento, sarebbe il sindaco di Napoli che incasserebbe tra il 17 e il 21% delle preferenze. Infine, tra il 7 e il 10% dell’elettorato si orienterebbe verso altri candidati. La discesa in campo di Oliverio potrebbe però rimescolare i giochi (e le classifiche). In una tornata elettorale dove ciò che conta è solo arrivare secondi. E non arrivare terzi.