gione Mario Oliverio (Pd) lo nominò, tra lo stupore generale, assessore ai Trasporti e Lavori pubblici, immediato arrivò il niet di Palazzo Chigi. Fu Graziano Del Rio a inviare un messaggio di disapprovazione: «Nino De Gaetano è invischiato in vicende di voto di scambio a sfondo ‘ndranghetista per le quali non è indagato ma che non sono sufficientemente chiarite». Oliverio fece spallucce e blindò il suo assessore. Incurante pure della presa di posizione dell’ex ministra Carmela Lanzetta che minacciava di uscire dal Pd se il nostro non fosse stato rimosso.
Nel corso della recente missione dell’Antimafia, guidata dalla presidente Bindi, le opposizioni chiesero l’audizione di Oliverio e De Gaetano rilevando che «in qualità di assessore ai Lavori pubblici ha già dato il via ad alcuni cantieri sanitari, segnatamente quello dell’ospedale nuovo della Piana di Gioia Tauro, i cui atti sono viziati da palesi irregolarità e nei cui dintorni si trovano i terreni della cosca Gallico, già oggetto di inchiesta della Dda di Milano». La richiesta di audizione fu respinta al mittente.

Un uomo potente e ammanicato, De Gaetano, uscito indenne da tre informative di polizia giudiziaria. Un girovago della politica: in pochi mesi fu capace di passare da Rifondazione al Pd, dopo una breve sosta in Sel. Alle ultime elezioni non fu messo in lista dai dem, il suo nome fu depennato l’ultima notte. Lui obbedì tacendo. Fece incetta di voti per Oliverio nel reggino e ottenne un posto in giunta. Fino a ieri. Perché De Gaetano nulla ha potuto opporre all’ordinanza di custodia cautelare che gli è stata notificata all’alba. Si è dimesso dalla carica, si è autosospeso dal partito.

Un terremoto giudiziario che ha colpito assessori e consiglieri, nuovi e uscenti, tra cui un senatore in carica. Nel mirino dell’inchiesta Erga omnes le spese pazze dei consiglieri. La procura di Reggio ha messo insieme il vasto materiale probatorio raccolto dai finanzieri: documenti, accessi bancari, ma anche indagini tecniche e testimonianze che proverebbero le spese pazze della politica calabrese, che avrebbe usato i rimborsi elettorali per togliersi ogni tipo di sfizio. Sono tre le ordinanze di custodia cautelare con arresti domiciliari, 5 le ordinanze di divieto di dimora. E il sequestro di beni per complessivi 2,5 milioni nei confronti di 31 indagati. I politici si sarebbero fatti rimborsare di tutto: dai caffè ai Gratta&Vinci e lap dance. Oltre 500mila euro, inoltre, sarebbero senza giustificazione nei rimborsi inseriti nei rendiconti 2010 e 2011, dato che mancherebbero scontrini o fatture per motivare le uscite. Successivamente, le Fiamme gialle, su input della procura di Reggio, hanno acquisito i rendiconti del 2012, per poi allargare il campo d’azione a ritroso fino agli anni 2007, 2008 e 2009.

L’inchiesta ha fatto emergere «una gestione gravemente omissiva in punto di controlli successivi sui titoli di spesa, sia nel caso di anticipazione di fondi che di riconoscimento postumo della legittimità della spesa mediante rimborso, deliberatamente funzionale a rendere possibile, perpetuandolo, un sistema di utilizzazione di fondi pubblici a destinazione vincolata, ispirato a un esercizio tracotante del potere, che tradisce anche sicurezza di impunità». Nel provvedimento si legge che l’omesso controllo dei capigruppo «era deliberatamente ispirato a una logica di compiacente e colpevole condivisione di metodi di sfruttamento parassitario di cospicue disponibilità finanziarie di natura pubblica che sono state utilizzate per finanziare spese personalissime mentre le funzioni legislative e quindi costituzionali esercitate avrebbero dovuto ricordare agli odierni indagati che la vita pubblica esige rigore e correttezza, tanto più che si tratta di soggetti che possono contare su cospicue indennità di funzione».

Un’indagine che travolge la maggioranza di centrosinistra. Oltre all’arresto (ai domiciliari) di De Gaetano, tra gli indagati spiccano il vicepresidente Vincenzo Ciconte e l’assessore al Lavoro Carlo Guccione. Nonché il presidente del Consiglio, Tonino Scalzo. Tutti dirigenti del Pd. Ai domiciliari anche l’ex assessore scopellitiano Luigi Fedele, mentre per il senatore di Ncd Gianni Bilardi si dovrà pronunciare, sempre per i domiciliari, Palazzo Madama. I destinatari del divieto di dimora in Calabria sono gli ex consiglieri Gianni Nucera (Udc), Pasquale Tripodi (Ap), Alfonso Dattolo (Udc) e Nicola Adamo (fedelissimo di Oliverio e consorte della deputata Enza Bruno Bossio). Coinvolto anche l’autista di Bilardi, Carmelo Trapani. Dopo l’interrogatorio del senatore, con la contestazione dell’acquisto di un televisore, Bilardi lo avrebbe chiamato per riportar tutto in negozio