Michele Luccisano lo conoscevo già. Ebbi modo di apprezzare e raccontare, giusto qualche mese fa, la sua storia di ordinaria ribellione all’usura mafiosa. Di Domenico Luppino e dei ragazzi della cooperativa Giovani in Vita ne avevo sentito parlare. Pochi sono i giusti dotati del coraggio necessario per coltivare le terre che un tempo appartenevano ai mammasantissima della Piana di Gioia Tauro. Tutti gli altri li incontrerò solo in seguito, tra i vigneti, gli uliveti e gli aranceti della Calabria Solidale.
Era il mese di dicembre dello scorso anno. Mi ero appena laureato, a Messina. Un ovvio momento di gioia durato giusto il tempo di un brindisi al bar. Ora, innanzi a me, si riapriva il limbo dell’incertezza e del tormento. Andare via o rimanere? Poi, inaspettatamente, il telefono squillò. Era il mio prof Tonino Perna: «Ti va di collaborare con la coop Chico Mendes di Milano e l’Università di Reggio Calabria? Vorremmo promuovere le realtà imprenditoriali che denunciano e ostacolano il fenomeno mafioso e che non sono ancora riuscite ad entrare in contatto con il mercato. Te la senti?». Quella telefonata mi strappò dalle fauci del terrificante limbo. Avrei potuto fare un lavoro stimolante. E, soprattutto, avrei potuto farlo in Calabria.
Sarebbe toccato a me e a Domenico, agronomo ed ex migrante, individuare le migliori eccellenze del settore. Iniziammo a lavorare immediatamente. Entusiasti e motivati, setacciammo in lungo e in largo l’intera provincia reggina, l’area a più alta concentrazione di economia criminale di tutto l’italico stivale. Così, oltre alla Verdiana srl di Luccisano e alla coop Giovani in Vita di Luppino e soci, ci imbattemmo in molte altre realtà reggine in linea con i principi ispiratori di Calabria Solidale. A Palizzi, l’antica Enotria, ci stupì l’azienda Pichilli by Sisters and Sisters, nata nel 2011, quando quattro ragazze calabresi decisero di mettere a frutto la loro passione per la terra. E per il vino. Poco distante, rimanemmo affascinati dai vigneti delle aziende Altomonte, Inuso, Tenuta d’Albo e della neonata coop Terre Grecaniche. Storie semplici e genuine di piccoli imprenditori vitivinicoli che hanno rinnegato i trattamenti chimici, puntando tutto sulle cure manuali delle piante e le pratiche totalmente ecocompatibili. Di pari fascino valutammo la storia della coop Villa San Giuseppe, creata per consentire ai giovani del luogo e ai numerosi immigrati che vivono nella vallata, di trovare una occupazione lavorativa dignitosa attraverso la commercializzazione delle arance. Origini più squisitamente contadine invece caratterizzano le vicende dell’azienda Mulia e di quella Catanesi, entrambe impegnate nella produzione di olio d’oliva extravergine.