La casa editrice Donzelli, i cui primi titoli uscirono nel febbraio 1993, nacque da un gruppo di intellettuali che si posero come obiettivo quello di parlare del mondo post-ideologico contemporaneo attraverso un progetto capace di unire molteplici discipline e saperi diversi; ovvero mediante la pubblicazione di libri concepiti quali strumenti per vedere in profondità il mondo e la sua storia. Risponde a questo obiettivo, in particolare, la collana «Italiani dall’esilio», patrocinata da Paolo Marzotto e diretta da Renato Camurri, volta a ricordare alcuni protagonisti della cultura italiana costretti all’esilio negli anni del fascismo. Ripercorrere la storia degli esuli del Novecento permette non solo di ricostruire le loro vicende, ma anche di dimostrare come esse abbiano prodotto un intenso flusso di conoscenze entro i confini europei e poi tra le due sponde dell’Atlantico.
A un importante artista italiano, costretto a lasciare l’Italia durante il regime mussoliniano, è dedicato il sesto volume della collana, intitolato Corrado Cagli La pittura, l’esilio, l’America (1938-1947) e scritto da Raffaele Bedarida (pp. XXVI-294, euro 32,00). Il volume, dopo la prefazione di Paolo Marzotto e la presentazione di Enrico Crispolti, ricostruisce per la prima volta in maniera esaustiva il periodo dell’esilio di Cagli, narrandolo cronologicamente in quattro capitoli e in un epilogo.
L’autore, Raffaele Bedarida, è professore di storia dell’arte all’università Cooper Union di New York. La sua scrittura puntuale e avvincente lascia ben emergere l’ampia e complessa ricerca scientifica da lui condotta in numerosi archivi, sopratttutto in Italia e negli Stati Uniti, che gli ha permesso di portare alla luce molteplici materiali inediti relativi all’ancora poco noto periodo d’esilio dell’artista.
Corrado Cagli, nato ad Ancona nel 1910, a cinque anni si trasferisce con la famiglia a Roma, dove compie studi classici e frequenta l’Accademia delle Belle Arti. Il suo percorso artistico è fulminante, da vero e proprio enfant prodige. Nel 1938, l’anno dell’esilio, ha già alle spalle numerose mostre in Italia e all’estero, nonché la partecipazione a importanti rassegne quali la VI Triennale Internazionale di Milano, la II Quadriennale d’arte nazionale di Roma e la XXI Biennale di Venezia.
A soli 28 anni è dunque tra le figure più importanti del panorama artistico italiano e non solo. Tuttavia, l’entrata in vigore delle leggi razziali lo costringe a fuggire, a divenire esule, in quanto ebreo e in quanto aperto al dialogo con le avanguardie internazionali, allora bersaglio della campagna nazista, importata anche in Italia, contro la cosiddetta «arte degenerata».
Dopo essere approdato a Parigi, alla fine del ’39 Cagli si stabilisce a New York. Come ben sottolinea Bedarida, seppur nella loro intrinseca drammaticità gli anni d’esilio americano si rivelano fervidi e cruciali, essendo contrassegnati da una ricchissima produzione. Arruolatosi nell’esercito statunitense, Cagli continua infatti a disegnare e dipingere, facendo dell’esperienza bellica, che lo riporta tra il ’43 e il ’44 in Europa, il soggetto di una nota e importantissima serie di suoi disegni.
Inoltre, i molteplici rapporti da lui intessuti oltreoceano (tra cui quelli con la Ballet Society di Balanchine, con la rivista «View» e con il relativo côté surrealista), nonché il suo essere costretto a guardare il mondo con gli occhi dell’esule, incidono notevolmente sulla sua ricerca. «Attraverso l’esperienza dell’esilio e la profonda frammentazione identitaria che ne consegue, egli sviluppa un metodo di lavoro sistematicamente disomogeneo e apparentemente schizofrenico, che spiazzerà gran parte della critica che si occuperà del suo lavoro (o che, per questo, lo ignorerà)», sottolinea Bedarida, che non si limita a ricostruire nel dettaglio la biografia dell’artista tra il ’38 e il ’47, ma la intreccia con brillanti analisi interpretative relative ad alcune sue opere e con un’interessante ricognizione dei suoi rapporti con artisti, critici e intellettuali coevi. A buon diritto, dunque, Enrico Crispolti, nella prefazione al volume, definisce Cagli un artista dalla «instancabile volontà di autorisarcente ricostruzione d’un tessuto di rapporti culturali e umani, prossimi quanto remoti (fra Losanna, Parigi, Londra, New York, California, e brevi transiti romani, a Liberazione avvenuta)».
Leggendo il racconto di Bedarida emerge dunque con evidenza come il decennio di esilio di Cagli, piuttosto che un periodo negativo, gli abbia permesso di raggiungere fondamentali risultati e di condurre a maturazione la sua ricerca rendendola così innovativa da risultare difficile da comprendere nell’Italia del dopoguerra dove egli torna definitivamente nel 1948. È per questa ragione infatti, che, una volta rientrato a Roma, diviene oggetto di un forte ostracismo da parte della critica e anche di altri artisti, tra cui quelli del gruppo Forma, di cui fanno parte Ugo Attardi, Carla Accardi, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Mino Guerrini, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo e Giulio Turcato.
Dall’esilio geografico in America, Cagli si trova così a dover affrontare un esilio ideologico in Italia, anche a causa di questi artisti che gli rinfacciano una presunta collusione politica della sua pratica murale negli anni del regime. Esilio ideologico, o meglio, vero e proprio ostracismo, che si interromperà solo nel 1954 con l’assegnazione del secondo premio nel concorso di pittura indetto dal Premio Marzotto.
Il racconto di Bedarida, corredato da un interessante repertorio illustrativo di opere soprattutto su carta, permette di comprendere a fondo il rovello creativo di Cagli durante il suo esilio, conducendoci in una avvincente narrazione che si snoda agilmente tra biografia, contestualizzazione storica e interpretazione critica.