Per l’Antico Caffè Greco di via Condotti a Roma – celebre luogo di ritrovo per letterati, artisti e musicisti fondato nel 1760 – è arrivato il giorno del giudizio, con lo sfratto esecutivo e i sigilli a causa di un rincaro di affitto passato – secondo alcune fonti – a 180mila euro al mese (dai precedenti 18mila), finito in tribunale. Il proprietario delle mura dell’edificio è l’Ospedale israelitico, che ha assicurato di voler continuare a tutelare gli arredi di pregio (vincolati dal 1953; tra mobili, quadri, foto d’epoca sono circa 400 gli oggetti d’arte) e la storia di quel posto abitato da fantasmi illustri, ora assediato soprattutto da turisti. Ma l’Ospedale possiede l’immobile, non la proprietà del Caffè Greco (immortalato anche da un dipinto di Guttuso custodito al museo Thyssen Bornemisza di Madrid): sarà difficile mantenere promesse al buio. Per questo motivo, in molti si sono dati appuntamento oggi davanti all’entrata, un sit-in con cappuccino e catena umana per la salvaguardia di un bene storico. Italia Nostra ha chiesto l’intervento della soprintendenza e ha lanciato un appello al Mibact. All’interno, nella sala rossa, si susseguono da giorni letture, musica, poesia e teatro, come forma di protesta pacifica.

Nella sua famosa saletta «omnibus», si sedevano un tempo Byron, Wagner, Christian Andersen, Goethe, Stendhal e tanti altri, fra cui il poeta Adam Mickiewicz, icona del Romanticismo polacco. Sulla parete in fondo, c’è un ritratto in miniatura di Nikolaj Gogol e un foglio, conservato sotto un vetro, sul quale lo scrittore vergò una lettera al suo amico Pletnev il 17 marzo 1842: «Della Russia io posso scrivere solo a Roma, solo qui essa mi appare in tutta la sua grandezza».
Su un tavolino, chino sulle pagine, Gogol’ scrisse gran parte delle Anime Morte e nel caffè era solito ritrovarsi con la comunità intellettuale russa. Anche Schopenhauer passava di là, tirandosi dietro il suo barboncino bianco.