Da ieri campagne e boschi italiani sono invasi dai cacciatori. Il tutto con tre settimane di anticipo rispetto all’apertura ordinaria della caccia fissata dalla legge alla terza domenica di settembre: ogni anno le Regioni, da nord a sud, attraverso le cosiddette “preaperture” concedono numerose giornate di caccia in più rispetto al calendario “ordinario”. Dovrebbero essere un’eccezione concessa solo al verificarsi di determinate condizioni e invece sono diventate una consuetudine spesso in violazione di leggi italiane ed europee poste a tutela degli animali selvatici e dei loro habitat.

Quest’anno praticamente tutte le Regioni hanno concesso la preapertura ricorrendo, in alcuni casi, a tecniche dilatorie pubblicando le delibere che disciplinano i calendari venatori molto dopo la data del 15 giugno stabilita dalla legge: in alcuni casi gli atti che anticipano la caccia ai primi giorni di settembre sono stati pubblicati solo nell’ultima settimana di agosto! Sciatteria amministrativa?

Niente affatto: le Regioni lo fanno nel tentativo, odioso e al limite del lecito, di rendere difficile, se non impossibile, l’impugnativa degli atti di deroga dinanzi ai tribunali amministrativi regionali. Nonostante questo, il WWF e altre associazioni ambientaliste, grazie a una rete di preparatissimi avvocati, stanno impugnando una serie di provvedimenti in una vera e propria corsa contro il tempo. Così è accaduto in Toscana o in Veneto dove si è riusciti a impugnare gli atti regionali riportando importanti vittorie che nel concreto si traducono in migliaia e migliaia di animali scampati alla carneficina.

La caccia anticipata, che in molti casi viene autorizzata persino contro specie qualificate dai competenti organi scientifici europei o internazionali come «vulnerabili» o «in precario stato di conservazione», ha un impatto pesantissimo sulle specie oggetto di prelievo, ma anche sulle altre specie che, pur se non cacciabili nei giorni di preapertura, subiscono danni indiretti per il disturbo arrecato da cani e spari in un momento particolarmente sensibile: la fine dell’estate, infatti, è il periodo con i piccoli dell’anno ancora immaturi, con gli uccelli migratori impegnati a prepararsi ai lunghi voli di ritorno verso i luoghi di svernamento e con tanti animali debilitati dalla scarsità di cibo e acqua a causa della siccità e degli incendi. A tutto ciò vanno aggiunti gli immancabili abbattimenti illeciti, voluti o per errore, di specie non cacciabili in preapertura.

Come se non bastasse, molte delle Regioni che stanno autorizzando l’anticipo della caccia hanno deciso il posticipo della chiusura al 10 febbraio, anziché al 31 gennaio. Il periodo di caccia tra preaperture e prolungamenti arriva così ad essere più lungo del 15/20% della già lunghissima stagione venatoria.
Ma i regali ai cacciatori non riguardano solo per quanto tempo si potrà cacciare, ma anche cosa si potrà cacciare: ignorando le richieste dell’Unione Europea e del Ministero dell’Ambiente, varie Regioni hanno autorizzato la caccia a Moriglione e Pavoncella che dovrebbero essere invece tutelati visto lo stato di difficoltà in cui si trovano. Questa tendenza filovenatoria delle Regioni si manifesta anche nell’adozione di numerosi provvedimenti che tendono ad allargare le maglie delle norme vigenti per rendere più facile la caccia e più difficili i controlli. In questo campo la medaglia d’oro quest’anno spetta all’Umbria che, non essendo riuscita a predisporre in tempo i tesserini venatori previsti dalla legge, si è inventata il tesserino provvisorio inviando alle associazioni venatorie i file di questi tesserini fai-da-te, consentendone una stampa senza idonee misure per controllare gli abbattimenti.

Per le Regioni la fauna non è un patrimonio di tutti i 60 milioni di italiani, ma selvaggina da sacrificare alla lobby dei cacciatori per qualche voto in più alle elezioni. E né il Governo nazionale, né l’Unione Europea riescono a mettere in campo azioni efficaci per contrastare questa deregulation.

La mancanza di controlli poi fa il resto. Su territori molto estesi vigilano limitati nuclei di Forze dell’ordine dedicati a questo servizio a cui si affiancano le guardie volontarie del WWF e di altre associazioni: a loro e ai vari giudici amministrativi è rimesso il compito di difendere la fauna italiana.