Un lucchetto per la porta della sua stanza. È la cosa che Kassie, quasi 16 anni, desidera di più, quello che ha chiesto ai suoi genitori per il suo compleanno. Tutto è pronto, ma a ben guardare, tra i nastri luccicanti, i palloncini e le torte un po’ finte, c’è una mosca che si aggira molesta. Kassie, il fisico ancora sottile di una bambina cresciuta, non ha in mente altro che quel lucchetto, ma il padre si rifiuta di ascoltarla, e la madre ciecamente cerca di farla desistere, proponendole un vestitino simil-principessa, come se davvero fosse ancora piccola. Quando il fratello le si avvicina, lei stringe a sé il suo quaderno degli schizzi, con volti di ragazze invasi dal rosso, e cerca di allontanarlo. Ha una impronta delicata e autorevole Vasha Narace, 30 anni, originaria di Port of Spain, Trinitad e Tobago, in questo suo primo corto, One in – lavoro di tesi alla Accademia del cinema di New York – in questi giorni (dal 16 al 19 marzo), al Ca’Foscari Short Film Festival, diretto da Roberta Novielli. La rassegna, con opere di autori provenienti da 27 Paesi, ospita lavori d’esordio di registe che sentono indispensabile dire delle innumerevoli forme di violenza di cui sono oggetto bambine e ragazze a ogni latitudine del pianeta, e che riflettono sui modi della narrazione cinematografica onde produrre una percezione e un coinvolgimento differente dalla maggior parte dei racconti mediatici sull’argomento. Tra questi da segnalare anche Miles to Go before I Sleep, opera prima di Hanna Hovitie, facoltà di Scienze applicate di Helsinki. L’autrice sottolinea lungamente l’impossibilità dell’immagine di rievocare la storia terribile e travagliata di una bambina congolese, abbandonata da quelli che credeva essere i suoi genitori, passata attraverso gli abusi prolungati del presunto padre adottivo in Francia, e quindi da lui costretta a lungo viaggio da sola verso il Sud Africa, per poi fermarsi a lungo nello Zambia, in un campo di rifugiati UNHCR, prima di essere finalmente accolta in Finlandia. Allora è una sorta di radiodramma con la sua voce over a ripercorrere la sua esistenza prima di bambina e poi di donna sbalestrata da un continente all’altro, soggettività tra le più violate al mondo, causa genere e deprivazione sociale insieme. Si frappongono solo lampi incendiati dei luoghi attraversati e la sua immagine che emerge dal nero a guardare chi guarda, inchiodandoci. Ancora da vedere Where is Don? di More Raça, già premiata in ambito internazionale, che riesce a creare una significativa tensione intorno al vissuto di una giornalista kosovara costantemente sotto minaccia, e a rischio di perdere gli affetti più essenziali. Emerge così il sentire di chi, nel mondo, svolge questo lavoro in costante pericolo e ansia, e in particolare la situazione del Kosovo – paese d’origine di Raça – secondo gli ultimi report, fortemente mortificato nella libertà di stampa, con giornalisti oppressi da pesanti interferenze di governo e media, e condizioni pessime di lavoro.