Che la corruzione sia uno dei grandi mali della Libia non lo si scopre certo da oggi. Così come la diffusione di notizie di presunte bustarelle era già avvenuta al termine dei lavori del Forum libico di Tunisi (sponsorizzati dall’Onu).

Tuttavia, le indiscrezioni filtrate alla stampa internazionale domenica sera hanno sicuramente rafforzato le accuse di compravendita di voti contro il premier Abdel Hamid Dabaiba, da inizio febbraio incaricato di guidare il

governo di unità nazionale che dovrebbe portare il Paese alle elezioni il prossimo 24 dicembre.
Secondo un rapporto presentato (ma non ancora pubblicato) al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite da un panel di esperti dell’Onu, i voti di almeno tre partecipanti ai quei colloqui di Tunisi sarebbero stati acquistati da persone riconducibili all’attuale primo ministro. Le tangenti, offerte da due dei partecipanti al Forum in un hotel di Tunisi lo scorso novembre, si sarebbero aggirate tra i 150 e i 200mila dollari.

Sempre secondo l’inchiesta, riferisce il britannico The Guardian, all’interno della struttura alberghiera sarebbe scoppiato anche un litigio dopo che alcuni delegati avrebbero scoperto che le bustarelle erano più basse di quanto era stato promesso loro (intorno ai 500mila dollari).

La diffusione della notizia mette in grave imbarazzo i neoeletti vertici libici che a giorni (forse l’8 marzo) avranno bisogno di almeno 90 voti per ottenere la fiducia parlamentare a Sirte, la città a metà strada tra la capitale Tripoli (a ovest) e Bengasi (a est). Dabaiba – la cui lista aveva superato nel voto di febbraio dei 75 membri del Forum di Tunisi quella dei due big libici Bashagha (attuale ministro dell’Interno del governo di Tripoli) e Saleh (presidente del parlamento dell’est) – si è difeso prontamente dalle accuse: «Il processo politico è stato trasparente, sono solo fake news». In una nota congiunta con il nuovo Consiglio di presidenza libica, ha poi chiesto «rapidamente» la divulgazione delle indagini dell’Onu contro di lui.

A gongolare è invece Saleh, lo sconfitto di febbraio. «Se davvero ci sono casi di tangenti – ha dichiarato al The Times – allora chi li ha commessi dovrebbe essere escluso». Perciò ha proposto di posticipare il voto di fiducia all’esecutivo transitorio finché il rapporto non sarà di pubblico dominio (teoricamente entro il 15 marzo).

Silenzio invece da parte della Missione dell’Onu in Libia (Unsmil). Il nuovo commissario Jan Kubis si è giustificato dicendo di «non ricevere» i rapporti preparati dal panel di esperti per il Consiglio di Sicurezza e che perciò «non è in grado di commentare». Parole che tradiscono il palese imbarazzo dell’Unsmil che tanto ha investito sul Forum intra-libico.

Le notizie di corruzione giungevano nelle stesse ore in cui l’Ocha (Ufficio Onu per gli Affari Umanitari) esortava a raccogliere 189 milioni di dollari per fornire assistenza e protezione urgentemente necessarie a 45mila tra le persone più colpite nel Paese.