In poco più di duecento pagine, il libro curato da Nicoletta Vallorani, Introduzione ai Cultural Studies (Carocci, pp. 209, euro 19), propone numerosi percorsi lungo i quali si sono sviluppati gli studi culturali in Uk, Usa e nei paesi anglofoni. Il volume è particolarmente prezioso per gli ottimi contributi che riguardano contesti (trans)disciplinari differenti: dagli studi postcoloniali a quelli di genere, quelli sul suono e sulla televisione.

LA PREMESSA di Carlo Pagetti ricostruisce i passaggi fondamentali della nascita della comunità scientifica a Milano grazie a molteplici iniziative e a un gruppo di intellettuali capace di travalicare gli steccati disciplinari, di radicare alla Statale un dibattito vivo e stimolante intorno ai cultural studies. Nicoletta Vallorani è tra le più importanti protagoniste di questa esperienza, di una rivoluzione culturale dentro e fuori dall’accademia – si pensi a «Docucity», festival documentaristico sulla città di cui è tra le promotrici. Il volume – spiega Vallorani nell’introduzione – è nato dall’esigenza di realizzare uno strumento capace di guidare gli studenti alla scoperta delle tante applicazioni dai cultural studies. Nel libro, infatti, si campionano «una serie di linee tematiche che si sono consolidate nel tempo e attraverso la pratica didattica».

IL LIBRO È DIVISO in due sezioni: «letteratura e cultura» e «musica e immagine». Ogni capitolo è affidato a importanti ricercatrici e ricercatori che, negli anni e con ricerche innovative, hanno partecipato a un dibattito scientifico sulla produzione di discorsività e per decostruire, in contesti diversi e con molteplici pratiche, le forme di potere.
Nicoletta Vallorani, nel suo saggio, guida il lettore lungo i passaggi fondamentali dello sviluppo del cultural studies a partire dalla fondazione del Centre for Contemporary Cultural Studies presso l’università di Birmingham (1964), intrecciando date, contesti politici ed elaborazioni teoriche – da Williams, Thompson e Hall fino a Said, Gilroy e Bhabha.

IL CONTRIBUTO SUCCESSIVO, siglato da Vallorani e Paolo Caponi, è dedicato all’analisi discorsiva del testo che rilegge Michel Foucault attraverso nuovi approcci – si pensi al lavoro di Chris Barker. Lo scritto di Emanuele Monegato, invece, è dedicato alle nuove frontiere degli studi culturali e letterali: quelle relative al binomio cultura-potere, e, nello specifico, sul terrorismo post 9/11 in Usa e Uk. Anna Pasolini presenta i Gender Studies, mostrandone le diverse articolazioni (Feminist, Women, Queer, Sexual Diversity and Lgbt Studies), riferendo sul dibattito relativo all’identità femminile, sulla performatività, sul corpo e sulla soggettività.

Il capitolo sui Postcolonial Studies è redatto da Serena Guarracino. Said, Bhabha, Spivak, Chakrabarty: sono solo alcuni degli intellettuali analizzati. Leggere queste pagine chiarisce l’importanza d’indagare e riscrivere l’archivio coloniale. «Il postcoloniale – afferma Guarracino – non è un fatto storico, bensì un metodo di analisi, uno strumento per mostrare l’encoding/decoding dei processi di colonizzazione e di decolonizzazione nelle pratiche culturali».

La seconda parte si apre con il saggio di Daniele Croci dedicato alle graphic novel, «creature meticce» che contengono al loro interno molteplici codici e linguaggi, con tematiche che vanno dalla distopia alle saghe dei supereroi, non dimenticando le narrazioni autobiografiche. Gianpaolo Chiriacò si occupa, nel settimo capitolo, di musica e sound studies. Nelle prime righe del suo scritto, mette a fuoco l’approccio da cui si sviluppa il dibattito: «La musica non è un linguaggio universale. È piuttosto – continua Chiriacò – un territorio di confine: uno spazio fisico e simbolico, insieme acustico e corporeo, materiale e tecnologico, all’interno del quale si consuma un costante conflitto fra espressioni di diversi poteri che lottano per ridefinire le geografie».

GLI ULTIMI DUE CAPITOLI, infine, sono dedicati rispettivamente alla tv e al cinema. Il primo, redatto da Cinzia Scarpino, propone una mappa degli studi relativi alle serie televisive americane, riprendendo un dibattito che è solo parzialmente arrivato in Italia. In particolare, i nodi tematici analizzati sono quelli dell’autorialità, dei generi, dell’impatto mediatico. Nell’ultimo contributo, il cinema è inteso come lo «strumento rappresentativo in grado di restituire il carattere eterogeneo del mondo che abitiamo», scrive Vallorani. L’analisi discorsiva serve per rendere visibili identità «altre», per re-immaginare la città e i suoi spazi, per rompere le prigioni, fisiche e simboliche, che catalogano e incatenano il soggetto.