In Burkina Faso continuano i colloqui fra esercito e istituzioni civili. Il luogotenente-colonnello Zida non perde occasione per confermare che «lascerà la guida della transizione a un civile». Martedì il nuovo uomo forte provvisorio ha incontrato il Mogho Naba, sovrano tradizionale dell’etnia maggioritaria in Burkina Faso, i Mossi. Alla fine dell’incontro, richiesto dai militari, il portavoce del Mogho Naba ha dichiarato: «Sono venuti a dirci che vogliono lasciare il potere nelle mani dei civili, e noi li abbiamo incoraggiati ad andare avanti». Mercoledì invece c’è stata qualche tensione durante le trattative: i rappresentanti della società civile e dell’opposizione hanno abbandonato la riunione con i capi di stato della Cedeao (Comunità Economica dell’Africa Occidentale) in corso a Ouagadougou, rifiutandosi di sedere al tavolo con i rappresentanti del Cdp (Congrès pour la démocratie et le progrés), il partito dell’ex presidente Blaise Compaoré, e dei partitini alleati.

La calma è tornata solo quando è stato annunciato che i rappresentanti dell’ex-maggioranza sarebbero stati esclusi dalle concertazioni. «Non abbiamo nemmeno ancora dato degna sepoltura ai morti causati da chi ha tentato di violentare la Costituzione e costoro si presentano come se nulla fosse ai negoziati – ha dichiarato Luc Marius Ibriga, membro della società civile -. Non possiamo accettare di discutere di transizione con queste persone». Ieri i partiti di opposizione hanno deciso che la fase di transizione dovrà durare al massimo un anno, ma non c’è ancora un’intesa sulla personalità che dovrebbe guidare il paese fino alle nuove elezioni.

Nel frattempo la vita nella capitale sta progressivamente tornando alla normalità. I servizi pubblici e le attività commerciali hanno ripreso a funzionare, rimangono a testimonianza dell’insurrezione popolare della settimana scorsa gli scheletri carbonizzati dei palazzi del potere assaltati dai manifestanti, primo fra tutti l’Assemblea Nazionale. La residenza di François Compaoré, fratello minore dell’ex-presidente, invece, è diventata una sorta di museo a cielo aperto della rivoluzione. Centinaia di persone, a tutte le ore, visitano i resti dell’edificio, completamente sventrato. Attorno a quel che resta delle mura di cinta ci sono parcheggiatori e venditori ambulanti di cibo e vivande. Dentro l’edificio c’è chi porta via un souvenir, un pezzo di rivestimento interno o di qualche indumento, e chi osserva in silenzio l’entrata dei sotterranei dove è stata ritrovata la “stanza delle torture”. François Compaoré fu implicato nell’assassinio del giornalista Norbert Zongo, reo di aver denunciato la corruzione del regime Compaoré. «Dopo che avremo portato via tutto il materiale riutilizzabile, lo raderemo al suolo» promettono tutti.