È da più di un anno che Blaise tirava avanti questa tiritera, cambio l’articolo 37 della costituzione per potermi ricandidare o no? La popolazione si è sempre mostrata nettamente contraria e l’ha dimostrato con varie manifestazioni oceaniche, l’ultima in agosto. Una decina di giorni fa Compaoré ha annunciato che il 30 ottobre avrebbe sottoposto il dl sulla modifica dell’articolo 37 all’assemblea nazionale. La coalizione di opposizione ha indetto una settimana di disobbedenza civile e manifestazioni a partire da martedì 28 ottobre, ma in realtà dalla dichiarazione di Blaise tutte le notti c’erano manifestazioni spontanee e ci siamo abituati a dormire con il sottofondo degli spari di lacrimogeni.

Martedi 28 la prima grande manifestazione, con più di un milione di persone in piazza. Slogan più diffuso, “Vattene”; il migliore, “Blaise è il nostro Ebola”. Una parte della folla ha cercato di andare sotto l’assemblea nazionale ed è stata duramente repressa. Mercoledì nuova manifestazone, contro il carovita e per il diritto alla scuola, con meno persone ma sempre ad alta tensione. Giovedi 30, giorno clou del voto parlamentare, zona rossa intorno al palazzo dell’assemblea e all’adiacente hotel Azalai, dove due giorni prima erano arrivati i deputati della maggioranza. Gli scontri con i militari sono violentissimi, ma alla fine la zona rossa viene sfondata e la folla si riversa nel palazzo dell’assemblea nazionale. Poi si dirige verso il palazzo presidenziale. Blaise ha fatto venire in rinforzo i militari dal Togo e dal Benin. Sono loro che hanno sparato e ucciso. Armi pesanti contro pietre. Ancora aspettiamo il numero definitivo dei morti, ma dovrebbero essere almeno una trentina.

Saccheggiato ben bene e bruciato il palazzo dell’assemblea, non ne rimane più niente. Così l’albergo Azalai. A quel punto la gente, parliamo di nuovo di più di un milione di persone, era forte e determinata: tutte le mega ville dei parenti di Blaise, dei ministri e degli esponenti più noti del regime sono state saccheggiate e incendiate.

Nel pomeriggio comunicazione di Blaise: modifica dell’articolo 37 sospesa, sciolto il governo, «ascolto la popolazione e preparo la transizione nei prossimi 12 mesi». Errore. Blaise, ormai completamente delegittimato, non è più riconosciuto da nessuno. Nonostante il coprifuoco, centinaia di persone dormono sulla piazza della Rivoluzione (ribattezzata da Blaise qualche anno fa piazza della Nazione), la più grande piazza di Ouaga, fatta costruire da Thomas Sankara in stile socialismo reale. La mattina dopo, venerdi 31 ottobre, non c’è neanche bisogno di convocare la manifestazione che tutti si ritrovano di nuovo qui, per capire le varie posizioni dei partiti di opposizione, dei rappresentanti della società civile e dei militari, che nel frattempo dicono di voler accompagnare la transizione democratica, e per sapere chi sarà il nuovo presidente. Lunghissima mattinata, in attesa di un nome che non arriva mai.

Un comunicato annuncia le dimissioni di Blaise. Vittoria. Ma è in fuga, sta per lasciare il paese. Nel frattempo il capo delle forze armate, Honoré Traoré, si autoproclama presidente. Un uomo non amato e non voluto: l’esercito sta rubando la rivoluzione popolare?

Neanche il tempo di stappare lo spumante, che tensione e preoccupazione tornano a salire. Nel pomeriggio altri comunicati annunciano il coprifuoco e la chiusura delle frontiere. Li firma un altro ufficiale dell’esercito, il colonnello Isaac Zida.

Sabato 1 novembre opposizione e società civile si organizzano per ripulire le strade dalle barricate. Zida viene indicato dall’esercito come nuovo presidente del Burkina. L’opposizione chiama di nuovo a manifestare.

Isaac Zida
Isaac Zida

Ma chi è Zida? Nientemeno che il numero 2 della guardia presidenziale, un corpo formato da meno di duemila uomini, strapagati, straformati, straarmati e odiati da tutti gli altri militari gelosi dei loro privilegi. C’è già chi lo associa al commando che ha ucciso Sankara, ma è da confermare.
La mattina del 2 in piazza della Rivoluzione ci sono 10 mila persone che chiedono un passo indietro ai militari. Si dirigono verso la tv nazionale. Confusione. Il generale in pensione Lougué, candidato preferito della piazza per guidare la transizione, sta per autoproclamarsi presidente, ma gli viene impedito. Ci prova una leader dell’opposizione, ma i militari arrivano e cominciano a sparare tra la folla. Sparano in aria, ma è il panico totale. I soldati occupano piazza della Rivoluzione e tutto il centro città. Bilancio, un morto e vari feriti.

Nel pomeriggio tutte le parti coinvolte, partiti di opposizione e militari sono in riunione. E in serata si delinea una via d’uscita, la costituzione torna in vigore, si va verso una coalizione rappresentativa che al termine di un breve periodo di transizione dovrà organizzare nuove elezioni.

La gente è contenta, in giro c’è aria di gioia e di leggerezza. Era il meglio che che questa incredibile insurrezione poteva ottenere, dimissioni di Blaise e governo civile. Nessuno poteva prevederlo. La gente non era organizzata, impensabile un epilogo in stile sandinista, in cui si è in grado di prendere i media e comunicare i nomi di un nuovo governo rivoluzionario. La popolazione ha fatto il lavoro duro, poi si è rivolta ai partiti di opposizione per essere guidata.

Zaphirin Diabiré con il colonnello Zida
Zephirin Diabre con il colonnello Zida

Anche se il leader dell’opposizione Zephirin Diabre dovesse diventare presidente (ha forti chance di vincere le elezioni) alla gente va bene. È un uomo dell’occidente, è stato rappresentante per l’Africa per la Castel e poi per Areva, che sfrutta il Niger per il suo uranio. Ma le persone hanno voglia di lavorare, comprarsi da mangiare, curare i propri figli e mandarli a scuola. Va bene anche uno qualunque che lavori un po’ in questo senso, che cambi rotta rispetto a Blaise.

In cinque anni, speriamo, una vera opposizione avrà finalmente il tempo di formarsi, di organizzarsi, di riscoprire davvero la rivoluzione sankarista e forse non sentiremo più parlare di tutti questi partitelli che ancora perdono tempo e soldi a organizzare seminari per arrivare a una definizione del sankarismo. Il sankarismo è prima di tutto un sentimento e questo si sente, c’è voglia di partecipare, di esserci. Per ora possiamo solo fare i complimenti alla popolazione burkinabé per la forza e la determinazione dimostrate in questa formidabile settimana.