«Il vero obiettivo dell’educazione, come quello di ogni altro processo morale, è di generare felicità», così diceva il filosofo inglese William Godwin nel 1797. Che l’educazione sia fondamentale per crescere è cosa ovvia, ma che sia anche la via per diventare individui consapevoli, responsabili e autonomi, lo è sempre meno.
La formazione è un nodo che lega insieme una quantità straordinaria di prospettive, significati, problemi e possibilità. Per questo è spesso stata un momento cruciale e strategico.
Le élite di ogni tempo e luogo si sono sempre avvantaggiate dal fatto di possedere un’istruzione superiore, al fine di perpetuare più facilmente la propria supremazia.
È però solo in epoca moderna che si è cominciato a pensare diffusamente a modelli pubblici di scuola. Da allora il dibattito e le proposte si articolano sulle possibili risposte a tre domande capitali: cosa insegnare? come? con quali obiettivi?
Se nella maggior parte delle volte la risposta degli Stati coloniali e delle organizzazioni religiose è stata la riproduzione del modello sociale in essere, non sono mancate proposte radicalmente differenti.

TRA ISTANZE CONSERVATRICI (e conservative) e progressiste, figurano anche una lunga serie di sperimentazioni di marca schiettamente libertaria che hanno avuto – e hanno tuttora – il merito di scardinare i poli di un dibattito spesso irrigidito da posizioni dogmatiche.
C’è un rapporto speciale tra idee libertarie e pratiche pedagogiche. Un legame che notoriamente prende corpo nelle riflessioni di alcuni pensatori e in numerose – anche se misconosciute – proposte. Una relazione certo non nuova, dato che le prime riflessioni in questo ambito vengono fatte risalire da diversi studiosi a William Godwin, uno dei precursori del pensiero anarchico. Tra gli altri possiamo sommariamente ricordare anche gli autori Lev Tolstoj, Francisco Ferrer, Paulo Freire, Ivan Illich, solo per fare qualche esempio.

A QUESTI TEMI la casa editrice Eleuthera ha dedicato un’attenzione speciale in più di un’occasione. E da poco ha pubblicato Educazione Incidentale, di Colin Ward, una raccolta di saggi e articoli curata da Francesco Codello, a sua volta autore di numerosi saggi su questi argomenti (pp. 256, euro 17).
L’educazione incidentale è quel particolare tipo di azione pedagogica che valorizza i diversi tipi di ambiente in cui il bambino è inserito, siano essi urbani o extra-urbani.

L’IDEA È CHE LA FORMAZIONE non debba essere confinata alle aule scolastiche ma diffusa, al fine di incoraggiare all’esplorazione e alla sperimentazione del mondo in cui si vive. Perché questi giovani esseri umani non sono né «vasi da riempire, né blocchi d’argilla da plasmare» ma sono più simili a fiori che vanno fatti crescere dandogli le giuste possibilità e condizioni e l’opportunità di svilupparsi ognuno nel proprio modo.
Colin Ward è stato architetto, insegnante, saggista e agitatore culturale inglese. Un autore fuori dagli schemi che, con il suo impegno decennale, ha traghettato il pensiero anarchico dalla metà del Novecento agli anni 2000.
Ispirandosi a Kropotkin e a Landauer ed estimatore di un altro autore luminoso e negletto come Paul Goodman, aveva una concezione dell’anarchismo quale insieme di pratiche di autodeterminazione sociale, più che una dottrina o un programma politico predeterminato.

A QUESTO PROPOSITO Francesco Codello riporta giustamente nell’Introduzione le prime righe del libro più noto di Ward Anarchia come organizzazione. Poche righe che permettono al lettore di comprendere il punto di vista da cui si parla: «una società anarchica, una società che si organizza senza autorità, esiste da sempre, come un seme sotto la neve, sepolta sotto il peso dello Stato e della burocrazia, del capitalismo e dei suoi sprechi». L’idea è che, con le parole di Goodman, «una società libera non può essere l’imposizione di un ordine nuovo al posto di quello vecchio» ma «l’ampliamento degli ambiti di azione autonoma». Perché se, come diceva Landauer riferendosi allo Stato, le relazioni di dominio sono date da un certo tipo di rapporto tra esseri umani, allora si possono distruggere solo creando altri rapporti, comportandoci in modo diverso. Da qui l’importanza centrale dell’educazione per la creazione di una società più giusta e libera.
Occorre forse precisare, ci ricorda Ward, che «L’approccio anarchico al problema dell’istruzione si basa non sul disprezzo per lo studio ma sul rispetto dell’allievo», in quanto l’educazione dovrebbe «rendere i ragazzi padroni del loro ambiente: altrimenti non si vede a cosa possa servire».