Organizzata dall’Archivio storico del Senato, dalla Fondazione Giustino Dalmazzo e dall’Istituto piemontese per la storia della resistenza e della società contemporanea si apre domani, giovedì 6, a Roma (Sala degli Atti parlamentari della Biblioteca del Senato in Piazzale della Minerva 38, alle ore 9) la 13° edizione dei «Cantieri del Giellismo e Azionismo» coordinata da Giovanni De Luna.

IN UN ANNO, il 2017, che collega temporalmente ma separa idealmente il referendum del 4 dicembre scorso dalle celebrazioni del settantesimo dell’entrata in vigore della Costituzione (1 gennaio 1948) i lavori si concentreranno proprio sui temi del rapporto tra le culture politiche costituenti; del loro sviluppo dentro il movimento di Resistenza; dell’approdo e della codificazione giuridica e istituzionale dell’eredità antifascista nella Carta.

QUESTA SCELTA TEMATICA prende le mosse -come ricordano gli organizzatori- dalla «constatazione del venir meno nel dibattito politico attuale di un tratto comune alle culture politiche novecentesche» e sembra indicare un nodo nevralgico del tempo presente ovvero l’assenza nelle formazioni partitiche contemporanee di una radice d’origine visivamente espressiva del retaggio storico ereditato dalla «esperienza giuridica» della Resistenza.

A QUEST’ULTIMA i soggetti politici e le classi sociali che ne animarono il processo storico e lo sviluppo seppero conferire un carattere sperimentale di norme comportamentali in rottura con l’eredità del fascismo, intese da un lato come «costruzioni concettuali» relative alle azioni delle persone e dall’altro come nuovi ordinamenti provvisori, come furono senz’altro gli esempi delle repubbliche partigiane.

IN QUEST’OTTICA si ripristina una misura temporale di lunga durata, capace di non limitare l’esperienza costituzionale ai soli lavori dell’Assemblea Costituente e di valorizzare piuttosto il nesso storico intercorrente tra l’antifascismo degli anni ’30, la Resistenza del 1943-45 e la Costituzione repubblicana. Veicolo di tale legame furono senz’altro i partiti di massa che nel disegnare il proprio profilo identitario, in ordine alla rappresentanza delle classi sociali di riferimento, sostanziarono entro una misura materiale il processo di formulazione delle idee costituzionali della Resistenza.

NEL CONSIDERARE quella azionista come un’eredità novecentesca da cui è possibile osservare l’evoluzione ed i rapporti di relazione tra e con i comunisti italiani, il cattolicesimo politico e le diverse famiglie socialiste, sembra essere particolarmente significativo il fatto che i «Cantieri» (che dopo l’appuntamento romano proseguiranno a Torino il 4-5 maggio) dedichino questa edizione al grande storico Claudio Pavone, scomparso lo scorso novembre, che se da un lato ha scritto pagine memorabili sulla «moralità» della Resistenza e sul valore del suo carattere di «guerra civile» dall’altro non ha mai mancato, con i suoi studi, di sottolineare i profondi fattori di contraddizione del fenomeno della «continuità dello Stato» che si posero come un vero e proprio «controcanto» alle istanze innovative e costituenti del Movimento di Liberazione.

È LUNGO QUESTO crinale conflittuale di persistenze del vecchio e rotture del nuovo che si mosse il Giano bifronte della transizione italiana, allungando sui successivi decenni repubblicani luci ed ombre di un paese in cui -come scrisse Piero Calamandrei – «per compensare le forze di sinistra di una rivoluzione mancata, le forze di destra non si opposero ad accogliere nella Costituzione una rivoluzione promessa».