Proteste contro la riforma della scuola macchiate di sangue. Quello degli studenti. Manganellate hanno colpito chi manifestava a Napoli e a Milano contro la riforma Renzi-Giannini definita “Buona Scuola”, mentre il corteo dei sindacati di base e degli studenti a Roma – tra sette e diecimila i manifestanti secondo gli organizzatori – è sfilato senza subire violenze. Studenti delle superiori a Torino hanno occupato un deposito Gtt in corso Tortona per protestare contro il caro abbonamenti ai mezzi pubblici e poi hanno proseguito fino al Campus Einaudi dove il corteo si è sciolto.

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Foto Luca Prizia / La presse. Docenti contro la buona scuola, 13 novembre 2015 a Roma

Le immagini riportano il momento in cui è stata bruciata una bandiera del Pd. A Milano, in una carica della polizia contro il corteo che ha deviato dal percorso prestabilito sono state ferite due persone, una studentessa appena maggiorenne e un docente 50enne. «Non ho lanciato nessuna provocazione all’indirizzo delle forze dell’ordine perché – ha detto il docente D. G. a Repubblica Tv – non è nella mia attitudine attaccare loro in prima persona, nemmeno a livello verbale. Sono arrivato a volto scoperto e quando il contatto è stato troppo ravvicinato sono partiti loro, senza nessun lancio di oggetti, senza che da parte del corteo fosse stata fatta alcuna provocazione. Sono partiti loro con i loro manganelli». Nel pomeriggio una ventina di studenti con docenti dei Cobas e della Cub scuola hanno manifestato all’ingresso dell’Accademia di Brera dove hanno esposto uno striscione di protesta in attesa dell’arrivo della ministra dell’Istruzione Stefania Giannini. Lo slogan: «contro gerarchie e scuole azienda resistiamo al buona scuola». «Su questo striscione – ha detto un manifestante – ci sono le macchie di sangue dei nostri compagni e degli insegnanti caricati dalla polizia. La polizia non ci fa entrare, le università così diventano caserme».

Testimonianze raccolte da Napoli descrivono quanto avvenuto tra il teatro San Carlo e l’ingresso di via Chiaia. I manifestanti, protetti da scudi di gommapiuma con la scritta «Jatevenne» intendevano raggiungere la sede di Confindustria in via Chiaia, seguendo un percorso diverso da quello verso Piazza dei Martiri. La carica è stata violenta. Due gli studenti fermati e identificati, quattro feriti. Sono giovanissimi, il più vecchio ha 22 anni, con ferite al capo, alla bocca, agli occhi. “Come si fa a parlare di «cariche di alleggerimento», quando il corteo visibilmente non aveva nessuno strumento atto a offendere? Siamo davvero curiosi di vedere almeno una foto che spieghi come siano possibili i quattro agenti contusi di cui parlano le forze dell’ordine – sostengono gli studenti napoletani – La verità è che è stato un pestaggio. Una studentessa è in osservazione in ospedale per trauma cranico dopo aver vomitato per le botte in testa. Qualcuno ci dica se Confindustria in Italia è fuori dalle dinamiche democratiche e non può essere contestata». Molti cartelli della manifestazione, ricordano gli studenti, erano contro il lavoro gratuito e contro la riforma della cosiddetta “alternanza scuola-lavoro».

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Napoli, contro la “Buona scuola”, 13 novembre 2015

Le violenze sono state condannate dalla sinistra: “Repressione intollerabile – ha detto Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista – La protesta è sacrosanta: il Pd vuole demolire la scuola pubblica». «Invece di far manganellare studenti e professori, Palazzo Chigi dovrebbe occuparsi dei problemi seri del Paese» sostiene Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana). La chiusura di ogni dialogo con la scuola produce tensioni, sostiene Stefano Fassina che chiede al ministro degli interni Alfano di riferire al parlamento. «Il no alla legge sulla scuola è stata la causa principale della mia uscita dal Pd ma bruciare bandiera Pd è fuori da Costituzione» riferendosi ai fatti di Torino. Solidarietà agli studenti dalla Cub, tra i sindacati che hanno indetto lo sciopero.

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Cariche a Napoli contro gli studenti, 13 novembre 2015

Piero Bernocchi dei Cobas sostiene che il 25% dei docenti e del personale Ata abbiano scioperato «dell’unico appuntamento di lotta possibile per impedire l’applicazione delle parti più deleterie della legge Giannini, contro l’esclusione di 100 mila precari dalle assunzioni e il vergognoso aumento medio di 8 euro lorde al mese nel rinnovo contrattuale». Bernocchi giudica «incredibile e inspiegabile la defezione dalla protesta di Cgil-Cisl-Uil, Snals e Gilda che a maggio hanno scioperato con noi e ci hanno seguito nel blocco degli scrutini. Si sono limitati a convocare una manifestazione del pubblico impiego a fine novembre senza sciopero dove la lotta della scuola svanisce e hanno inviato al governo e alla scuola un segnale di resa incondizionata».