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Ivan Bunin

La nuova edizione accademica delle poesie di Ivan Bunin (1870-1953), uscita a Pietroburgo nel 2014, ha rivelato al lettore russo un retaggio poetico fino ad oggi per gran parte sconosciuto o negletto. Questa pubblicazione testimonia di un recente, vivo, interesse per lo scrittore nel suo paese. Bunin è noto come uno dei più raffinati prosatori russi del primo Novecento e poi della letteratura russa dell’emigrazione. Opere come Il signore di San Francisco e La vita di Arsen’ev, Il villaggio e Valsecca, o ancora Viali oscuri sono dei veri e propri classici della grande tradizione della prosa russa. Vicino a Tolstoj, Cechov e Gor’kij, prima, e poi maestro della letteratura russa émigrée, accanto a Kuprin, Remizov, ma anche a Nabokov che lo stimò tantissimo proprio come poeta, Bunin fu il primo russo a essere insignito del premio Nobel nel 1933, scelta di valore evidentemente politico, essendo all’epoca lo scrittore in esilio e noto anche per I giorni maledetti, terribile cronaca degli eventi della guerra civile ad Odessa, pubblicati su un periodico parigino (l’opera in volume uscirà nel 1936).

In quegli anni, Bunin godette di una buona fama anche in Italia, come testimoniano le molte traduzioni uscite all’epoca grazie a letterati e slavisti quali Ettore Lo Gatto, Rinaldo Küfferle e Renato Poggioli. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, Bunin non accettò la proposta sovietica di rientrare in patria: fu con la destalinizzazione, dal 1955, che le sue opere del periodo prerivoluzionario ripresero ad essere ripubblicate anche in Urss. Alcuni testi di chiaro orientamento antisovietico apparvero in patria solo negli anni della perestrojka. Ancora oggi la prosa di Bunin è una delle letture più care per i russi e negli ultimi anni lo studio del suo retaggio letterario e di vita ha portato a una serie di importanti contributi storico-letterari.

In questa prospettiva, risultano essere di grande rilievo i documenti conservati presso la raccolta Russian Archives, custodita a Leeds. Attraverso la loro consultazione, il Congresso Ebraico Russo è riuscito a raccogliere una serie di testimonianze e notizie relative al ruolo svolto dal celebre scrittore nel corso dell’occupazione nazista della Francia nella seconda guerra mondiale. Bunin, che all’epoca risiedeva nel sud della Francia, a Grasse, nella villa Jeannette, nascose presso di sé, a rischio della sua stessa vita, il pianista ebreo Alexander Lieberman (1896-1978) e la moglie Stefania, nell’agosto-settembre 1942.

Presso la famiglia Bunin visse negli anni 1940-1944 anche il letterato russo-ebreo Aleksandr Bachrach (1902-1985), che fu sì arrestato nel settembre 1943 dai tedeschi e i collaborazionisti del regime di Vichy, ma subito rilasciato grazie a un certificato di battesimo ortodosso procurato dalla moglie dello scrittore Vera. Alexander Lieberman, originario della Russia, sostenuto in Francia da Arthur Rubinstein, è stato concertista e pedagogo di buona levatura che ha poi svolto la propria professione negli Stati Uniti. Aleksandr Bachrach è stato scrittore e memorialista di rilievo. In ragione di questi fatti, il copresidente dell’organizzazione moscovita «Holocauste», Il’ja Altman, ha avviato le pratiche per l’attribuzione a Ivan Bunin del titolo di «Giusto tra le Nazioni» da parte dello Yad Vashem, il memoriale ufficiale israeliano delle vittime dell’olocausto, fondato nel 1953. Si è anche formato un comitato internazionale a sostegno dell’iniziativa. Si tratterebbe del primo premio Nobel cui verrebbe assegnato questo importante riconoscimento alla memoria.