Bucci tranquillizza la destra, ma Meloni rovina l’armonia
LIGURIA, AL COMIZIO FINALE UNA PREMIER AL TOP DELL’ASTIOSITÀ L’inquilina di palazzo Chigi con i nervi a fior di pelle. Mentre Tajani e persino Salvini sfoderano pacatezza
LIGURIA, AL COMIZIO FINALE UNA PREMIER AL TOP DELL’ASTIOSITÀ L’inquilina di palazzo Chigi con i nervi a fior di pelle. Mentre Tajani e persino Salvini sfoderano pacatezza
L’incubo del centrodestra in Liguria è il maltempo. Per ogni evenienza i leader della destra, tutti presenti incluso per la prima volta il sanguigno sindaco di Terni Stefano Bandecchi “tornato in famiglia”, hanno scelto di ritrovarsi con il candidato Marco Bucci al chiuso, nell’auditorium del Porto Antico. Ma il problema non è certo la paura di bagnarsi.
Fondata o meno, la convinzione generale è che se elettori resteranno a casa saranno soprattutto quelli di destra. Le dita incrociate le tengono tutti. Esplicita il timore comune solo Tajani: «Copritevi con l’impermeabile, mettetevi le calosce, date un passaggio a chi ne ha bisogno: andate a votare».
In realtà c’è un altro spettro temuto, quello che ha mandato su tutte le furie la premier: la puntata di Report con un servizio sulla Liguria in onda a urne ancora aperte. In privato la sfuriata di Meloni è stata rumorosa. Bucci invece la prende con ironia: Il mio slogan elettorale? Vota Bucci così non guardi Ranucci».
Per una volta è lieve anche Salvini: «Io spengo la tv per due ore e mi sento De Andrè». L’ultimo e davvero molto basso argomento contundente, gli attacchi centrati sulla salute del sindaco candidato, si è già rivelato un autogol per chi lo ha provato ad adoperare. Anche qui Bucci se la cava con eleganza, senza invettive: «Era inevitabile che se ne parlasse ma ora sono sano».
L’ottimismo del centrodestra è evidente, appena mascherato per scaramanzia.
«La vittoria non è scontata», avverte Tajani e senza mezze parole agita anche il fantasma dei brogli: «Bisogna difendere ogni voto al momento dello spoglio». «Già pregustavano la vittoria», incalza la premier e in realtà è vero che appena un mese fa nel Pd davano la partita per quasi vinta ma poi l’ottimismo è scemato. Merito del sindaco di Genova Bucci, un esponente della destra anomalo, mai scalmanato, parco negli strilli e nella propaganda, con risultati concreti come la ricostruzione del ponte Morandi, capace di leggerezza e autoironia.
I pronostici è che saremmo durati sei mesi, l’Italia sarebbe andata in default, nessuno vorrà stringere la mano alla Meloni… poi si sono svegliati tutti sudatiGiorgia Meloni
Per la premier invece di leggerezza proprio non si può parlare. Al contrario la rancorosità le gioca un brutto scherzo.
È la star della giornata, arriva sulle note de Il cielo è sempre più blu di Rino Gaetano e incassa la standing ovation. Ma quando prende la parola non riesce a mordere con l’abituale sarcasmo, si dilunga in una puntigliosa rivendicazione dei successi ottenuti dal governo nazionale, si dimentica della Liguria citata solo di sfuggita.
Soprattutto esagera in astiosità nelle frecciate contro la sinistra che «guarda dal buco della serratura», mente sulla sanità (per dimostrarlo invita gli astanti a tirare fuori le calcolatrici dei telefonini), è stata «oscena» con i riferimenti alla salute di Bucci e cerca di punire gli italiani chiedendo alla Ue la procedura d’infrazione.
Per una volta regge la parte molto meglio l’alleato Salvini, che evita l’abituale truculenza e riesce persino a ricordare il processo in cui è imputato senza esagerare nelle pose da martire: «Attenzione perché quando colpiscono uno, colpiscono tutti e quello che succede oggi a uno succede domani a tutti». È in forma il leghista, in tutta evidenza il fattaccio albanese lo ha rinfrancato tanto quanto ha esasperato l’alleata. Fa sfoggio di cultura citando due o tre titoli, «perché qualcosa leggiamo anche noi leghisti. Non quanto gli intellettuali di sinistra per carità, ma non è mica questione di quantità».
Gioca una carta subdola citando Pupi Avati: «Mi raccontava che da bambini c’erano due gruppi, uno costruiva i castelli di sabbia, l’altro li abbatteva e loro li ricostruivano. Noi siamo così».
Il processo, amplificato dal caso Albania, lo dovrebbe mettere al riparo dal rischio che troppi leghisti della prima ora votino per la candidata civica Maria Antonietta Cello, appoggiata dai “bossiani” dell’ex ministro Roberto Castelli.
Tajani, anche lui molto più in forma di una premier ai minimi storici, confessa candidamente dove intenda pescare voti: «La coalizione che si contrappone a Bucci si è spostata molto a sinistra. Il candidato Orlando è di estrema sinistra. Per Fi c’è un grande spazio tra gli elettori ex Pd, specie quelli di provenienza ex socialista o democristiana».
L’ambizione rapinosa del leader azzurro, la pacatezza inedita e soddisfatta di Salvini, la livorosità vendicativa di Meloni indicano quanto nel centrosinistra siano convinti di essere a un passo dalla vittoria. Sempre che non piova o tiri troppo vento.
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