Il coronavirus non rallenta i coloni israeliani. Lo denuncia il centro per i diritti umani B’Tselem in un rapporto diffuso nei giorni scorsi. Mentre i governi di decine di Stati, incluso Israele, combattono una difficile battaglia quotidiana per contenere la pandemia, nella Cisgiordania palestinese sotto occupazione militare dal 1967, i coloni hanno intensificato le loro scorribande nelle ultime settimane, specie quelle notturne. Entrano nei villaggi palestinesi, tagliano alberi, danneggiano automobili e vandalizzano proprietà senza che l’esercito intervenga per fermarli, scrive B’Tselem riferendo anche di atti di violenza fisica.

I raid in Cisgiordania, sottolinea si sottolinea nel rapporto, sono sensibilmente aumentati dall’inizio dell’anno: 50 in tre mesi – contro i 40 in tutto il 2019 – 21 dei quali avvenuti a marzo. Si concentrano nei villaggi di Urif, Huwara, Einabus, Burin, Madama e Asirah al-Qibliyah, nel distretto di Nablus, dove dopo l’occupazione sono state costruite le colonie di Yitzhar, Har Bracha e Itamar, roccaforti della destra ultranazionalista religiosa. In 13 casi sono state attaccate delle abitazioni (otto a marzo) e sono stati percossi sette palestinesi. «Cinque degli otto attacchi alle case (il mese scorso) sono avvenuti in presenza di soldati che hanno permesso ai coloni di fare ciò che volevano», riferisce il centro per i diritti umani, fondato da attivisti israeliani durante la prima Intifada trent’anni fa. In tre casi, aggiunge, i militari hanno coperto la fuga dei coloni. In altri due si sono limitati ad osservare da lontano senza intervenire.

Il rapporto include i particolari di alcuni di questi attacchi. Il 7 marzo, 15 coloni di Yitzhar sono entrati nel villaggio di Madama e hanno scagliato pietre contro le case. Gli abitanti hanno all’esercito di intervenire ma i soldati, riferisce B’Tselem, una volta giunti sul posto hanno esploso colpi di arma da fuoco in aria e lanciato candelotti lacrimogeni contro i palestinesi lasciando liberi i coloni. Inoltre hanno arrestato un volontario di B’Tselem che stava filmando l’accaduto e consegnato la sua videocamera al capo della sicurezza di Yitzhar che ha provveduto a cancellare le riprese più significative. Alcuni giorni dopo il raid a Madama, i coloni hanno attaccato una casa in costruzione a Burin, con la protezione dell’esercito. I coloni parlano di «atti di autodifesa contro il terrorismo». Sostengono che i palestinesi si spingerebbero a ridosso degli insediamenti mettendo a rischio la loro sicurezza. E sorvolano sul fatto che le colonie sono state costruite e, spesso, estese sui terreni coltivati dai palestinesi.

Polizia ed esercito, scrive B’Tselem «non si preoccupano «di applicare la legge nei confronti dei responsabili degli attacchi a danno dei palestinesi». Questo atteggiamento aggiunge l’ong per i diritti umani, «fa parte della strategia volta a incoraggiare l’espropriazione di terre palestinesi in Cisgiordania e a consentire che Israele si annetta più territorio e più risorse». Quanto accade in Cisgiordania si aggiunge all’ondata di attacchi compiuti a Gerusalemme Est e in alcuni sobborghi arabi della città, tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, da militanti del cosiddetto “Price tag”. Si tratta di elementi della destra estrema israeliana che attuano ritorsioni contro i palestinesi in risposta a decisioni del governo Netanyahu che giudicano dannose per la colonizzazione e per gli interessi di Israele. Eppure il premier Netanyahu, al potere da oltre 10 anni, è un ben noto alfiere delle politiche di insediamento coloniale.

 

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