Theresa May ha probabilmente ottenuto un breve periodo di grazia personale, con il voto di martedì notte a Westminter, ma non ha risolto nulla sulle modalità della Brexit. Ieri, Bruxelles ha risposto seccamente alla pretesa britannica di rinegoziare (in quindici giorni) l’accordo di divorzio, discusso per due anni con Londra: «L’accordo non si tocca», ha ricordato il negoziatore Ue, Michel Barnier, «L’accordo è il solo e il migliore possibile» ha ribadito il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker.

Il rischio, a meno di 60 giorni dal 29 marzo sera, giorno del divorzio, è sempre di più per un’hard Brexit, che penalizzerà gli europei, ma soprattutto i britannici. I deputati britannici hanno dato mandato a May di rinegoziare un «dispositivo alternativo», ma cosa propongono? Non si sa. La polemica è concentrata sul backstop, la rete di salvataggio per il confine tra le due Irlande, cioè una garanzia di continuità di apertura della frontiera fino a quando non sarà trovato un accordo permanente, al di là delle scadenze del «periodo di transizione» dopo-Brexit.

Una frontiera tra l’Irlanda del Nord e l’Eire significherebbe risvegliare il passato sanguinoso di decenni di guerra civile nella parte britannica, a cui hanno messo fine gli accordi del Good Friday del ’98 e che prevedono l’assenza di frontiera dura. L’accordo, per evitare questo, prevede che l’Irlanda del Nord resti nel mercato unico (ne rispetti le norme), mentre tutta la Gran Bretagna resterebbe nell’unione doganale fino alla soluzione definitiva (una richiesta britannica, modulata sull’accordo tra Ue e Turchia). Jeremy Corbyn appoggia questo punto. Altre ipotesi, come una frontiera «virtuale» con controlli elettronici a distanza, è stata giudicata «pensiero magico» dalla Ue, dopo mesi di analisi.

A Bruxelles, May al massimo potrà portare a casa delle frasi rassicuranti sulla «relazione futura» tra Ue e Gran Bretagna, un’aggiunta al testo della dichiarazione che accompagna l’accordo di divorzio, ma che non ha valore giuridico vincolante. Il dialogo comunque occuperà i 59 giorni che mancano alla data del divorzio, con l’obiettivo – comune – di evitare il salto nel buio di un’hard Brexit. I 27 sono rimasti uniti per due anni nel negoziato, probabilmente non si divideranno adesso in dirittura di arrivo. A nessuno conviene favorire la nascita di una Singapore sul Tamigi, che usa l’arma del dumping sociale, ambientale, normativo.