Dire a gamba tesa è poco. Il commissario europeo all’Economia Pierre Moscovici spiega agli italiani come devono e soprattutto come non devono votare. Ovvio che s’impicci dato che «il voto italiano è un rischio politico per l’Unione europea». Moscovici non nasconde che il suo sogno, almeno per quanto riguarda il governo, sarebbe che in Italia non cambiasse nulla: «Lavoro molto bene con Gentiloni e Padoan. Sugli orientamenti europei con loro c’è una convergenza molto chiara».

SIN QUI LE PROMOZIONi, poi arrivano le bocciature. Per la Lega razzista, che se ne è uscita con le dichiarazioni «scandalose» di Attilio Fontana. Ma anche per il Movimento 5 Stelle che propone «un controsenso assoluto». Cosa? Ma lo sforamento del sacro parametro di Maastricht sul tetto del 3% nel rapporto deficit/Pil. «Il tetto – assicura il commissario – ha un senso preciso: evitare che il debito slitti ulteriormente. Significa combattere il debito e quindi rilanciare la crescita».

Se sulla critica alle farneticazioni razziali dei leghisti Moscovici è inappuntabile, sul capitolo parametri le cose stanno all’opposto. Prima di tutto perché la Francia, quando è stato necessario, ha sforato eccome, fregandosene del «controsenso assoluto», poi perché la continua impennata del debito pubblico non supporta la ricetta di Maastricht ma anzi autorizza a pensare che sia di quelle che ammazzano il paziente, infine perché la necessità di rivedere drasticamente quella camicia di forza è stata più volte sostenuta non solo dai populisti a cinque stelle ma anche da Renzi, ed è difficile credere che il commissario europeo se ne sia dimenticato. E’ facile invece che tra le righe volesse indirizzare una stilettata anche all’indisciplinato ex presidente del consiglio.

LA RISPOSTA LEGHISTA è stizzita, con Salvini che ringhia contro l’«inaccettabile intrusione di un burocrate europeo nelle elezioni italiane». Quella del Movimento 5 Stelle, consapevole di avere ottimi argomenti per controbattere, è più rilassata. Luigi Di Maio chiede «un confronto pubblico a Moscovici perché le ricette europee sinora non hanno funzionato e abbiamo un debito pubblico ancora record». In realtà è probabile che quella blindatura del parametro non piaccia affatto neanche a Matteo Renzi, e neppure a Silvio Berlusconi. Ma sono considerazioni poco attuali.

Al momento quel che conta è che la Ue scende in campo e si schiera con la crociata «anti-populista» nella quale sono impegnati, a pari merito e quasi con identiche parole, Renzi e Berlusconi. E ancora meglio se il pronunciamento arriva in contemporanea con quello di segno opposto di Marine Le Pen, che dichiara apertamente il suo sostegno a Salvini ma non sdegna M5S.

CAPITA COSÌ CHE A SPELLARSI le mani per l’incursione di Moscovici non sia solo il Pd ma anche Forza Italia e che il più entusiasta sia Renato Brunetta, solitamente tutt’altro che tenero con il rigorismo di Bruxelles: «Siamo perfettamente d’accordo con il commento di Moscovici sulle affermazioni di Di Maio. La limitazione del deficit eccessivo è condizione necessaria per abbassare il debito».

Al di fuori dei partiti presi di mira, solo Liberi e uguali protesta per quella che Erasmo Palazzotto definisce una «ingerenza inaccettabile». Dipenderà anche dal fatto che, come Pietro Grasso ha chiarito, LeU non ha alcuna intenzione di unirsi alla santa alleanza anti M5S, ma dipende anche dal fatto che ogni tanto chiamare le cose con il proprio nome invece di far prevalere sempre e solo il calcolo d’opportunità è necessario.

LA CONVERSIONE AZZURRA, invece, si spiega in parte con la presenza di un nemico comune, quello pentastellato, e in parte anche con il messaggio in filigrana a favore delle larghe intese. Non che il francese ne parli apertamente, però basta andare per esclusione: fatta salva un’improbabile vittoria assoluta del Pd e della minicoalizione che ha costruito, l’unica formula che garantirebbe una maggioranza senza Lega e senza M5S sarebbe appunto l’intesa tra Arcore e il Nazareno. Oppure una partita chiusa senza vincitori e la permanenza del governo preferito da Moscovici, e senza nemmeno dover fare i conti con una maggioranza parlamentare.

Chissà che il commissario europeo non pensi proprio a questo sogno quando, ottimista, profetizza che comunque «l’Italia è come i gatti: cade sempre in piedi».