La Commissione europea invierà una lettera al governo italiano sui conti pubblici. L’iniziativa interesserà i paesi che rischiano una «deviazione» significativa dal percorso penitenziale di avvicinamento agli obiettivi di bilancio a medio termine. Il governo dovrà rispettare gli obiettivi di deficit definiti e dovrà procedere sul percorso delle «riforme strutturali». Per sostenere lo sforzo sarebbero concessi i margini di flessibilità sui conti pubblici per finanziare gli investimenti.

Agli 11 paesi europei presi di mira dalla Commissione «vogliamo dare un segnale, un allarme» ha detto il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis. Per l’Italia «c’è un chiaro bisogno di sforzi per le riforme dati gli squilibri macroeconomici eccessivi, il debito pubblico alto, la debole dinamica della competitività, i problemi del settore finanziario con i crediti bancari in sofferenza». Nella lettera, firmata da Dombrovskis e dal commissario agli affari monetari Pierre Moscovici, non si chiede una manovra aggiuntiva di finanza pubblica, ma si aspetta da Roma entro il 15 aprile misure di risanamento.

Entro questa data il governo dovrà presentare il nuovo piano di stabilità insieme al programma nazionale di riforme, inclusi nel Documento economico e finanziario (Def). Una volta dunque recepito l’invito a proseguire sul piano dell’austerità, Bruxelles concederà quello che Renzi auspica da mesi: qualche decimale in più di flòessibilità per finanziare la politica dei bonus.
Al momento il problema resta il debito pubblico. Il governo ritiene di averlo stabilizzato e ne ha annunciato una lenta riduzione. Secondo il «Fiscal Sustainability Report 2015», approvato dai ministri delle Finanze dell’Eurozona, riuniti nell’Ecofin, è troppo poco. Con un debito a 134,6% sul Pilm l’Italia fronteggia un alto rischio di sostenibilità di bilancio a medio termine. Il governo prevede di riportarlo sotto il 120% entro il 2019. Ma questo non basta: la regola aurea dell’austerità prevede una riduzione del passivo di un ventesimo all’anno su tre anni. Si tratta di prendere «ulteriori misure e in modo tempestivo». Discorsi che avranno un certo peso sul Def e sulla legge di stabilità 2016.

Rispetto all’ipotesi italiana di usare i margini di flessibilità per coprire gli squilibri prodotti dal debito e dall’aumento del deficit (+1% del Pil nel 2015 e 1,7% nel 2016) l’Ecofin è stato netto: «Anche nel caso di concessione massima della flessibilità richiesta – si legge nel documento – rimane il rischio di una significativa deviazione» dei conti pubblici.

L’obiettivo è il pareggio di bilancio e, anche considerando il rallentamento della crescita e la bassa inflazione, lo si dovrà comunque raggiungere. «I paesi a rischio si preparino a fare di più» ha ribadito il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. Parlava della Slovenia, ma il ragionamento vale anche per l’Italia, inserita tra i paesi a rischio. «L’Italia deve continuare lo sforzo in corso sulle riforme perché può esser messa nel “braccio correttivo” della procedura di squilibri in qualunque momento» ha aggiunto ancora iol vicepresidente della Commissione Dombrovskis.

Il ministro dell’Economia PierCarloPadoan punta sul dialogo tra Roma e Bruxelles. «Non mi sembra che l’Ue chieda qualcosa in più – ha detto – la nostra situazione non è peggiore di altri e in alcuni casi è migliore». Confermata la linea di politica economica: taglio delle imposte e investimenti. Il problema è invece l’aumento del deficit e il debito che scende troppo lentamente. Il governo punta sulla flessibilità. Padoan s è detto convinto che alla fine sarà concessa.

Manovra bis evitata, dunque. Al governo tirano un sospiro di sollievo. Per Renzi i conti «sono allo strasicuro, nessuna manovra aggiuntiva in vista» Sulla lettera di richiamo attesa, e temuta, Renzi è stato tranchant a modo suo: «È la solita storia – ha detto -Da noi ogni volta che c’è una mezza lettera della Commissione, un mezzo richiamo sembra che scatti chissà quale dramma esistenziale». I «drammi» sono giustificati dalle incertezze della ripresa e dall’uso della flessibilità che è la vera partita politica. Renzi si è venduto «25 miliardi di tagli alla spesa pubblica» insieme a una spending review. “Andiamo avanti con molta determinazione” ha confermato.