Nel contesto metropolitano di Bruxelles, oltre a una fitta rete di orti urbani collettivi, comunitari e familiari a carattere ludico e ricreativo, si sta sviluppando un micro-indotto composto da attività produttive e commerciali, sotto forma di micro-fattorie e piccoli appezzamenti coltivati da giovani contadini. Una micro-imprenditoria protagonista di una crescita esponenziale in termini di posti di lavoro e sostenuta da un’amminstrazione locale che scommetta sull’autonomia alimentare (parziale) della città.

Negli ultimi tre anni nella città di Bruxelles il numero delle attività produttive agricole è raddoppiato (da 16 a 32) dando lavoro a 61 contadini su una superficie complessiva di circa 10 ettari. Attività agricole propriamente dette, come l’allevamento di ovini, la produzione di formaggio e la coltivazione di ortaggi, secondo metodi biologici ed innovativi, adatti ai contesti metropolitani. Come la coltivazione di ortaggi bio-intensiva (nota anche come metodo Fortier), o come lo spinfarming, dove su piccolissimi appezzamenti di terreno è possibile avere una produzione sufficiente a stipendiare un contadino. Ma anche attività innovative come l’acquaponia, la produzione di funghi e l’allevamento di insetti. Il progetto BIGH, finanziato con fondi europei, è la più grande superficie produttiva su di un tetto in Europa (2000 metri quadri), attivo nella produzione agricola e nella pescicoltura per i ristoratori della capitale belga. Un settore che punta sulla qualità e sulla prossimità, forte di un bisogno crescente, da parte del consumatore urbano, di diminuire la distanza consumatore-produttore.

Produzione urbana, vendita diretta e filiera corta sono i capisaldi di questo exploit, sostenuto delle amministrazioni locali che vorrebbero Bruxelles autosufficiente per almeno un terzo del proprio fabbisogno alimentare (in frutta e verdura) per il 2035 (programma noto come strategia Good food). Un obiettivo ambizioso (non senza derive di marketing politico) che finanzia una rete associativa attiva oramai da una decina d’anni nel settore dell’agricoltura urbana e capace di creare un indotto economico, toccando differenti ambiti lavorativi quali la ricerca, l’educazione, la sensibilizzazione, la formazione, l’accompagnamanto al reinserimento socio-professionale, l’architerrura del paesaggio, l’urbanistica, il marketing, la vendita e naturalmente la produzione. Una tendenza che ha creato le condizioni per la domanda di prodotti locali da parte di un numero crescente di consumatori, portando il settore del biologico, nella sola città di Bruxelles, ad una crescita del fatturato del 25% annuo.

Un settore che conserva ancora margini di crescita se i circa 250 ettari di terreno agricolo presenti nella cintura metropolitana di Bruxelles, in gran parte di proprietà pubblica ed ad oggi coltivata con metodi tradizionali, venissero riconvertiti in agricoltura biologica e messi a disposizione dei giovani (aspiranti) contadini, desiderosi di lanciarsi nel settore della produzione biologica.

Non a caso nella capitale belga è nato nel 2015 uno Spazio test agricolo (Espace test agricole – Graines de Paysans), uno dei primi in ambito urbano, con lo scopo di dare l’opportunità di sperimentare le gioie e i dolori del mestiere. Un’accademia dell’agricoltura urbana dove, forti di un accompagnamento sul piano tecnico e commerciale, i contadini urbani possono testare l’attività, rimandando il rischio degli investimenti ad una fase successiva, con l’incognita (sempre presente) dell’accesso alla terra in un contesto urbanizzato.