Oubi Bachir Bouchraya è il rappresentante del Fronte Polisario per l’Europa. Il manifesto lo ha intervistato riguardo gli scontri di ieri nella zona di Guerguerat e il rischio di un possibile conflitto tra Fronte Polisario e Marocco.

Qual è la situazione?

Abbiamo subito un’aggressione da parte delle forze marocchine e abbiamo risposto per proteggere il nostro popolo. Con le proteste di queste settimane a Guerguerat abbiamo messo in difficoltà il Marocco e bloccato il suo flusso commerciale; loro hanno mostrato il loro vero volto, aggressivo e violento, agli occhi della comunità internazionale. Il nostro esercito popolare di liberazione ha risposto a questo atto spregevole e per noi è scoppiata una guerra imposta non per nostra scelta. Siamo di fatto entrati in una nuova e decisiva tappa nella lotta del nostro popolo per difendere il diritto alla libertà, alla dignità e alla sovranità e risponderemo con fermezza a qualsiasi aggressione militare da parte di Rabat.

Quali sono le vostre motivazioni riguardo alle proteste di Guerguerat?

Le proteste pacifiche a Guerguerat erano nate dalla società civile saharawi per chiedere la chiusura di quel passaggio illegale visto che il Marocco continua, attraverso questa via commerciale, nella sua politica di saccheggio delle risorse naturali del nostro popolo. Le motivazioni sono principalmente legate alla frustrazione del popolo saharawi dopo la firma del cessate il fuoco nel 1991. L’obiettivo della missione Minurso era l’organizzazione di un referendum di autodeterminazione per il popolo saharawi, ma si è trasformata in un lento processo di annessione e normalizzazione dell’occupazione da parte del Marocco. Di conseguenza un’ulteriore ragione di protesta è la progressiva assenza da parte dell’Onu e la mancanza di volontà nel raggiungere una soluzione del conflitto, con un allineamento all’obiettivo del Marocco, mantenere lo status quo.

Cosa succederà da oggi?

L’aggressione del Marocco è una violazione del cessate il fuoco e una dichiarazione di guerra nei nostri confronti. Facciamo appello alla comunità internazionale affinché intervenga per una soluzione concreta del conflitto. La nostra unica scelta è resistere per continuare a esistere. Dalla firma del cessate il fuoco, abbiamo sempre cercato di continuare la nostra lotta pacificamente all’interno del diritto internazionale che riconosce il Sahara occidentale come territorio occupato dal Marocco e sancisce il diritto del popolo saharawi all’autodeterminazione. In questi giorni sono tantissimi i giovani nei campi profughi che si vogliono arruolare nell’esercito di liberazione, stanchi di una vita senza prospettive. Noi siamo decisi a continuare la nostra lotta in qualsiasi maniera, anche armata, con l’obiettivo di ottenere quello che è un nostro diritto: l’organizzazione di un referendum nei territori occupati.

Come rappresentante del Polisario in Europa, quali sono le difficoltà per un pieno riconoscimento della questione saharawi nell’Unione Europea?

Il mio ruolo è rappresentare la lotta e i diritti del popolo saharawi sia nei diversi paesi europei che all’interno dell’Ue che riconosce ufficialmente il Sahara occidentale come territorio occupato. Ci sono relazioni molto buone con numerosi paesi europei, come l’Italia, che sostengono e conoscono la nostra lotta. Al contrario ci sono altri paesi che ostacolano il nostro lavoro di legittimazione: la Spagna, nonostante la diretta responsabilità politica e storica legata all’occupazione del Sahara occidentale da parte del Marocco, e soprattutto la Francia che, per interessi politici ed economici, sostiene e difende la politica colonialista di Rabat sia nell’Ue che nel Consiglio di Sicurezza Onu.

Qual è la situazione nei territori occupati, dopo ieri?

Se il conflitto si inasprirà le prime vittime saranno gli attivisti che abitano nei territori occupati o i nostri prigionieri politici nelle carceri marocchine. Anche in questo caso, però, la società civile ha deciso di aumentare il livello di lotta con la creazione di un nuova organizzazione l’«Istanza dei Saharawi contro l’occupazione marocchina (Isacom)», guidata da Aminatou Haidar (soprannominata la Ghandi Saharawi, ndr), per far conoscere meglio al mondo le continue violenze del Marocco.