Sul sentiero di guerra. Contro tutto e contro tutti. Come se niente fosse Renato Brunetta, presidente più sopportato che amato dei deputati Pdl, mitraglia i presidenti di Camera e Senato, e senza mandarla a dire. Sono «totalmente dissonanti rispetto a una larghissima maggioranza, non solo del Parlamento ma dell’intero Paese». Lavorano per «disegni organici a minoranze estremiste» (detto da un moderato doc come lui fa un certo effetto). Incarnano «l’esito di un momento politico temerario, allorché Bersani coltivava sogni di maggioranze strampalate». Rischiano di «vanificare il cammino difficile ma produttivo che la grande coalizione di Letta e Alfano sta intraprendendo».

Non è che Brunetta spari a zero senza giustificare tanta furia. Per la presidente della Camera, Laura Boldrini, l’addebito è la querelle con Marchionne. Per il collega del Senato, Piero Grasso, l’aver anche solo vagamente alluso, peste lo colga, a una maggioranza diversa da quella attuale.

La bersagliata replica, tramite portavoce Roberto Natale, denunciando le «forzature polemiche». Il secondo cittadino dello Stato preferisce un «no comment». Pd e Sel fanno quadrato.
Però resta da chiedersi se l’intemerata sia conseguenza solo del caldo. Probabilmente no. Certo, sui fragili di nervi il clima torrido incide sempre, ma qui c’è anche qualcosa, anzi parecchio, di ordine politico. C’è il fantasma che ormai da qualche settimana tormenta lo stato maggiore del Pdl e determina molto più di quanto non appaia tutti gli equilibri politici: lo spettro di quel miraggio «strampalato» inseguito a suo tempo da Bersani. L’ombra di una maggioranza diversa e alternativa rispetto all’ammucchiata dai piedi d’argilla che sorregge il governicchio Letta.

Se Berlusconi ha tenuto a freno gli impulsi distruttivi dopo la raffica giudiziaria, se il Pdl già si acconcia a ingoiare interventi su Imu e Iva molto diversi da quelli a cui mirava è solo perché, se questa maggioranza saltasse, è quasi certo che dai banchi grillini del Senato salterebbero fuori tanti dissidenti da garantire una nuova maggioranza. La più antiberlusconiana che si possa immaginare.

Solo se potesse contare con assoluta certezza su re Giorgio, Berlusconi potrebbe permettersi di correre un simile azzardo. Non può farlo. Il capo dello Stato, stavolta, si spenderebbe probabilmente per agevolare l’alternativa pur di evitare il voto. L’incubo ha pertanto due facce: se si produrrà la crisi, il Pdl rischia di ritrovarsi in una situazione opposta a quella sulla quale contava fino a ieri. Se la maggioranza terrà, sarà comunque condizionato in tutto dalla paura. Ammettiamolo, povero Renato: gli estremi per sbroccare un tantinello ci stanno tutti.