«Il nostro desiderio è quello di rimettere il lavoro psicologico al centro del dibattito politico», raccontano gli attivisti e le attiviste della Brigata Basaglia, «il nostro lavoro è politico anche e soprattutto perché siamo coscienti che molti dei disagi psicologici sono causati dalla precarietà economica, abitativa, dal razzismo e dalle violenze patriarcali che si riproducono sia a livello della società che delle famiglie».

La Brigata Basaglia ha preso forma all’indomani del primo lockdown, per rispondere alle carenze strutturali relative all’accoglienza e la cura del disagio sociale e psicologico esacerbate dall’emergenza sanitaria del Covid-19. «In Italia l’assistenza psicologica si fonda principalmente su percorsi privati con costi proibitivi per chi non ha un salario stabile» spiega Gianpaolo, attivista e psicologo della Brigata, «ovvero per quelle persone che più di tutte sono esposte ai fattori di stress psicologici».

In un contesto di restrizioni delle libertà personali, di mobilità e di socialità, la forbice delle disuguaglianze si è allargata ancora di più acuendo quell’«individualizzazione» e «depoliticizzazione» del disagio psicologico che tende a occultarne le cause sociali e le responsabilità collettive, come ha approfondito nelle sue opere il filosofo Mark Fisher. La Brigata Basaglia nasce anche per contrastare questa tendenza, che vede la depressione e la sua capillarità come una mera questione personale e clinica. «L’isolamento sociale e la paura del contagio hanno reso più evidenti molte delle fragilità dell’individuo all’interno della società capitalista», racconta Gaia, attivista della Brigata ed esperta di arte e comunicazione, «prolungandosi nel tempo, questa nuova condizione sociale di precarietà economica e relazionale, ci scuote come individui e fa emergere le dinamiche di allontanamento sociale già in atto prima della pandemia».

La Brigata è conformata da persone con esperienze e professionalità diverse provenienti dal mondo della clinica, da quello dell’arte, dell’intervento sociale e della militanza. «Questa composizione variegata e multiforme è fondamentale, perché per noi “non è solo la clinica che cura”», continua Gaia, «il benessere si costruisce insieme alle comunità, creando reti di solidarietà, uscendo dall’individualismo e rompendo le logiche escludenti del mercato».

Ad aprile 2020 è stato attivato un centralino di ascolto dove le operatrici e gli operatori orientano le persone secondo le loro esigenze e offrono a chi lo richiede un percorso clinico gratuito di quattro incontri. «Uno dei problemi principali che abbiamo riscontrato è che quattro incontri sono pochi, molte persone vorrebbero continuare e cerchiamo di indirizzarle verso sportelli e servizi con prezzi calmierati e un orientamento attento al sociale. Purtroppo molte delle persone che ci chiamano non possono permettersi nemmeno dei prezzi ammortizzati» spiega Gianpaolo, «a Milano molte persone si stanno trovando senza aiuto da parte delle istituzioni e in condizioni di salute precaria e povertà estrema. La logica del privato e i tagli alle strutture pubbliche non permettono di lavorare sulla prevenzione ma si focalizzano sui casi emergenziali andando ad alimentare il malessere e lo stigma sociale».

La Brigata si impegna anche in percorsi di formazione con altri collettivi e associazioni con il fine di poter offrire un sostegno integrale attraverso l’attivazione di una rete solidale intorno alla persona che lavori per riattivare le sue connessioni sociali e relazionali. Oltre al centralino d’ascolto e all’orientamento il gruppo si occupa anche di sensibilizzare sulla complessità della salute mentale attraverso incontri con realtà che si dedicano alla cura comunitaria, seminari in collaborazione con l’Università Bicocca di Milano e attraverso le reti sociali.

La situazione a Milano è molto critica, le attiviste e gli attivisti della Brigata Basaglia segnalano l’estrema gravità di alcuni casi, considerati di alto rischio, che non hanno ricevuto attenzione dai servizi pubblici. «Si tratta di persone che sono state lasciate sole, a cui sono stati negati diritti», spiega Gaia, «non solo il sistema sanitario ma anche i servizi sociali della città sono saturi e non riescono a gestire l’emergenza sociale. È uno scenario complicato e diffuso a cui bisognerebbe far fronte con una volontà politica».

Riconoscere le cause sociali ed economiche del disagio psicologico, identificare le responsabilità collettive della cura e ribadire anche in ambito psicologico che il “personale è politico” rappresentano per la Brigata le fondamenta da cui partire per offrire un sostegno psicologico degno e integrale. Le politiche pubbliche di assistenza al disagio psicologico sono fragili e tutt’oggi si basano su pratiche coercitive, individualizzate ed escludenti, che tendono a nascondere e non affrontare un malessere che ha assunto proporzioni strutturali. «La salute mentale dovrebbe essere un diritto garantito dalla società e non un privilegio per pochi» concludono le attiviste e gli attivisti, «crediamo sia importante che la salute mentale diventi una questione comunitaria e non venga trattata solo come un disturbo da risolvere nello studio di un professionista».

La seconda puntata di Fuori dall’Ombra racconta la Brigata Basaglia.

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