New York, Metropolitan Opera, Ottobre 2010: trasmissione HD nei cinema USA della produzione di Boris Godunov per la regia di Peter Stein. Durante la scena dell’incoronazione salta l’audio della cabina di regia tv e la troupe piomba nel panico. Dopo qualche istante una voce inizia a cantilenare in un russo storpiato la parte di Boris, battendo il tempo senza smettere di dare le indicazioni ai cameramen. Dieci minuti dopo, quasi un’eternità, la linea torna e la troupe scopre che lo studio era miracolosamente in sincronia perfetta con il suono della sala. Nessuno avrebbe potuto risolvere un’emergenza simile se non Brian Large, unanimemente riconosciuto come il più importante regista televisivo e cinematografico di opera e musica classica, un professionista dalle qualità e sensibilità artistiche uniche, che ha firmato centinaia di film e registrazioni in tutto il mondo, dalla Scala a Bayreuth, da Londra a Vienna, da Parigi a New York. Tantissimi appassionati amano il suo lavoro anche senza conoscere il nome di Large, che ha da poco festeggiato i cinquant’anni di attività, collaboratore di nomi come Kleiber, Abbado, Solti, Boulez, Rostropovich, Levine, Harnoncourt, Pavarotti, Freni, Bumbry, Horne, Ramey e oggi Fleming, Kaufmann, Bartoli, Netrebko, Gheorghiu, Alagna, Haitink, Osawa, Thielemann, mantenendo sempre un tratto schivo e un britannico undestatement. Una solida formazione di musicista e studioso, con una passione per la musica slava, Smetana e Martinu in particolare, Brian Large si trovò quasi per caso a iniziare una professione che si è sviluppata di pari passo con la sua formidabile carriera. «All’epoca ero ancora indeciso fra il pianoforte e la direzione d’orchestra – ricorda Large – e i primi passi nel campo della regia televisiva furono una serie di concerti diretti da Leonard Bernstein, con sinfonie di Sibelius, Sostakovic e Le Sacre du Printemps di Stravinskij. Dopo quelle trasmissioni, rigorosamente in bianco e nero seguì L’uccello di fuoco a Londra, diretto dallo stesso Stravinskij, un film per la Bbc. Un documento che oggi è una pagina di storia, a quanto pare».

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Quali furono i suoi riferimenti all’inizio dell’attività, in un’ industria che stava appena nascendo?

Non esistevano né scuole per registi televisivi né insegnanti di alcun genere per quel mestiere. Non esistevano vere regole: imparavamo lavorando, con tanti errori che cercavamo soprattutto di non ripetere. Anche se francamente oggi è difficile scegliere fra le centinaia di lavori che ho realizzato, ce ne sono alcuni su cui è impossibile sorvolare. Il primo forse è il film del Ring wagneriano del centenario, diretto da Boulez con la regia di Chereau, girato nel1979-80. Un momento fondamentale della storia dell’interpretazione wagneriana della nostra epoca. Ma ho anche dei ricordi meravigliosi del film del ritorno storico di Vladimir Horowitz a Mosca dopo sessant’anni, un recital semplicemente meraviglioso.

Il suo lavoro spazia in un repertorio concertistico e operistico vastissimo, con scelte raffinate ma anche titoli popolari. Fra questi ultimi ce n’è uno che porta dritto a Roma.

Intende dire il Concerto dei Tre tenori? Fu un successo planetario molto oltre le aspettative. E poi ci fu Tosca nei luoghi di Tosca che filmammo sempre a Roma nelle stesse ore in cui è previsto si svolga l’opera. Anche l’altro Ring che ho filmato al Metropolitna Opera, teatro per cui ho realizzato oltre 90 titoli e dove è capitata quella follia pazzesca del Boris Godunov, non era affatto male e poi c’è un ricordo che per me riveste un significato speciale. Aver collaborato con Benjamin Britten per Owen Wingrave, la prima mondiale nel 1971 della sua unica opera scritta per la televisione.

Nel frattempo sono cambiati radicalmente i mezzi tecnologici e i formati, in oltre cinquant’anni di lavoro.

È vero: agli inizi lavoravamo col bianco e nero, in 4/3; non esisteva il VHS e tutto veniva filmato dal vivo. Oggi, nell’era del digitale, le innovazioni quasi si inseguono: 16×9, Cinemascope/HD, definizione 4k, 6k, 8K! Nel campo audiovisivo oggi le possibilità del digitale sembrano praticamente illimitate. Un mondo nuovo che confonde persino con le troppe opportunità, per questo non dimentico i primi tempi della tv in cui dovevamo inventare il mestiere con strumenti quasi primitivi, senza zoom, senza lenti, con gru e dolly ingombranti come carrarmati: però è stata la più incredibile palestra per forgiare una tecnica personale.