La Musica generativa (ovvero, per usare la definizione di Eno,«sistemi che una volta operativi possano creare musica con interventi minimi o senza interventi da parte dell’artista») è l’estrema frontiera della ricerca eniana sul «non-musicista». Un’utopia di cui la nascita della Musica ambient, da lui battezzata a metà degli anni ’70, musica senza struttura che dovrebbe tendere a essere semplicemente funzionale a un certo contesto fisico o psicologico, è sicuramente il portato più rilevante. Dal principio degli anni ’80 Eno inizia a esplorare la visual art e quindi nuovi formati artistici multimediali. Un lungo periodo, durato fino a oggi, in cui l’Artista oltrepassa sistematicamente i limiti del formato disco-supporto che pur tanto aveva contribuito a valorizzare, in favore di una concezione sempre più interattiva e contestuale della creazione musicale.

Fino ad arrivare al recente Reflection distribuito sia come app (che a partire da certi parametri, genera un flusso musicale casuale potenzialmente infinito) sia come supporto (cd o vinile) contenente un editing del flusso suddetto. Una versione, quest’ultima, sicuramente non esaustiva. È per simili motivi che è difficile dare una valutazione di questo box di 6 cd o 9 vinili di musiche per installazioni vendute al tempo in edizioni strettamente limitate: 77 Million Paintings, software per un’installazione inaugurata a Tokio nel 2006, il cui titolo indica il numero di combinazioni tra musica, immagini e luci prima che si verifichi la probabilità che lo spettacolo audiovisivo si replichi nell’identica maniera, editata in formato audio è ben poca cosa.

L’opposto di quello che accade all’ambient minimale fino all’autofagia di Kite Stories, figlio di un esperimento installativo randomico di strati di suono e silenzio. La raccolta ci restituisce i pregi e i difetti dell’Eno ambient degli ultimi decenni. Stanche repliche di idee passate, a volte divagazioni noiose, ma anche perle disseminate qua e là come I Dormienti, sinfonia amniotica fatta di sapienti brandelli di suono e mezzi voci femminili claudicanti, in una sospensione uterina che ha come controparte le statue umane violentemente nude e parimenti uterine di Mimmo Paladino.

Lightness – Music For The Marble Place, che si riferisce a un’installazione allestita a San Pietroburgo nel ’97, si rifà all’Arte funzionalista donandoci due lunghi pezzi, uno più albeggiante, ebbro e Klauschultziano e un altro più dimesso di musica ambientale funzionale al benessere del fruitore. Tra gli inediti, cioè brani per installazioni mai pubblicati su supporto, troviamo tracce interessanti come l’ambient quasi psicanalitico di Kazakhstan o il liturgico universo generato da deboli suoni di campane immaginarie di The Ritan Bells.

Ma è forse l’ultimo cd, intitolato Music For Future Installations quello nel complesso più affascinante, con brani più nervosi, sottilmente inquietanti, a tratti avveniristici. La musica qui raccolta non ha nessuna connessione cronologica. Si tratta di tracce parziali di un aspetto creativo che è stato nel tempo sempre più importante per Eno, quello performativo-interattivo. È musica senza inizio e senza fine ove galleggiare indefinitamente intrecciando suoni a pensieri, senza attendersi nessuna rivoluzione se non nell’atto stesso di fruirne.