Diciotto paesaggi sonori che, con pianoforte, sintetizzatori e pochi altri strumenti riescono a creare una trama apparentemente semplice, che avvolge e accompagna l’ascoltatore senza aggredirlo, nella migliore tradizione della musica ambient, ma che ha anche una radice profonda e ben presente nella musica classica. È questo il frutto del lungo «dialogo musicale» tra i fratelli Roger e Brian Eno, pubblicato dalla prestigiosa etichetta di musica classica Deutsche Grammophon: un intimo dialogo iniziato nel 2005 e proseguito fino a oggi, in cui le improvvisazioni di Roger «lavorate» da Brian riescono a creare una interessante miscela tra melodia e atmosfera, in cui a tratti prevale l’una o l’altra, senza però riuscire a trovare un punto di equilibrio stabile, ma che gioca sulla tensione tra questi elementi.

IN «MIXING COLOURS», i due fratelli – uno (Roger) affermato pianista e musicista classico e ambient, l’altro (Brian) una delle personalità più influenti e seminali della musica degli ultimi quarant’anni a cui si devono capolavori di U2, David Bowie, Talking Heads e Coldplay, solo per citarne alcuni – sembrano lavorare per sottrazione: l’approccio è decisamente minimalista e legato tanto agli intervalli di silenzio quanto alle note vere e proprie. «Ogni strumento è un insieme finito di possibilità sonore, un’isola nell’oceano illimitato di tutti i possibili suoni che potresti fare.» In ogni brano c’è un solo strumento – solitamente un pianoforte – che costruisce non una vera e propria melodia, ma un accenno armonico o un tessuto sonoro che viene reso più profondo e più ampio da una serie di effetti e suoni di atmosfera.

COME SUGGERISCE il titolo dell’album, Mixing Colours, i fratelli Eno cercano di costruire una sorta di tavolozza fatta di suoni. Ogni canzone (tranne una) contiene nel titolo un colore che, per molti versi, racconta l’atmosfera del brano: è il caso, per esempio, di Celeste, primo singolo pubblicato, il cui video ritrae un paesaggio che scorre lentamente dominato da un cielo luminoso e senza una nuvola.
Il risultato finale è un album che forse è meno nuovo e sperimentale di altri lavori dei fratelli Eno, ma che crea atmosfere calme e spaziose, in cui non si sente una possibile «freddezza» legata a un eccesso di elettronica. Quello che traspare è, invece una forte presenza umana che sfrutta le enormi potenzialità dell’elettronica per riempire gli spazi tra le «isole» create dagli strumenti analogici «producendo», come dichiara Brian, «nuovi suoni che non sono mai esistiti in precedenza. È stato un grande piacere per me esplorare quell’oceano con le composizioni uniche di Roger».