L’articolo 50 è stato invocato. Il Regno (per adesso) Unito va per la sua strada. Sono state spese tante parole sui perché; tanto inchiostro versato – ma ormai è troppo tardi per parlare del passato; dobbiamo affrontare un futuro incerto, se non terrificante. In momenti così difficili c’è solo un luogo dove poter andare per trovare un po’ di conforto: il cinema. Perciò questa settimana ho visto Passaporto per Pimlico, un commedia degli Ealing studios del 1949, in cui una parte di Londra diventa indipendente e fugge così dal razionamento del dopoguerra. La Little Britain non è mai stata così piccola. In un paradosso i londinesi trovano la libertà dal governo britannico trasformandosi in ducato europeo con un duca straniero. Il Londexit finisce con un compromesso, una festa in strada e – per segnalare che è tornata la normalità inglese – la pioggia. Ma Brexit non ha una retromarcia e per di più c’è anche la Scozia che rumoreggia su un secondo referendum per l’indipendenza. E allora ho guardato Braveheart. Così ho imparato che gli scozzesi non vincono la loro indipendenza con la prima battaglia, né con la seconda, né con la terza… e peraltro William Wallace non è solo scozzese ma anche europeo. Parla francese con la principessa Isabella, le si congiunge in una specie di unione europea, dando vita in questo modo a Edoardo III. Non so se questa è un’opzione realistica per gli scozzesi di oggi però. Ho paura che ci si avvicini di più a I Figli degli uomini del 2006. Alfonso Cuaron aveva già girato la versione più dark e piovosa di Harry Potter due anni prima, e questo suo film presenta una Gran Bretagna impaurita, oppressa e piena di odio per gli stranieri. La specie stessa è in via di estinzione per un’infertilità femminile misteriosa e Theo (Clive Owen) si trova a dover attraversare l’Inghilterra in compagnia di una profuga miracolosamente incinta. Nello sfondo vediamo un panorama politico di tutte le disgrazie degli anni precedenti – dalla malattia della mucca pazza ad Abu Ghraib – ma è un ritratto degli inglesi più scioccante ancora di quello presente nel 1984 di George Orwell. I buoni sono ridotti a vivere nascosti nel bosco, a fumare erba e contemplare il suicidio; e i cattivi – dai funzionari dello stato ai terroristi cristiani – sono ovunque. Quando Theo incontra una collezionista d’arte e gli chiede come fa ad andare a avanti, lui risponde: ‘io non penso’. Questa sarebbe un’ottima soluzione se non fosse per il fatto che l’ “io non penso” è già presente nel manifesto populista che purtroppo oggi sta facendo danni a destra e a manca.