Una ripresa che non soddisfa, i timori per una possibile Brexit e per la crisi dei rifugiati. Il G20 di Shangai aggiorna le preoccupazioni dei leader dei maggiori paesi, e prende atto che per stimolare la crescita in Europa non basta la sola politica monetaria con le misure messe in campo dalla Bce di Mario Draghi. Vanno usate anche le politiche di bilancio e le riforme: parole in sintonia con il messaggio del governo italiano, che con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan si è detto pronto a utilizzare i margini di bilancio.

La ripresa economica globale – dice il comunicato finale del G20 – è «irregolare e al di sotto delle nostre ambizioni per una forte, sostenibile ed equilibrata crescita». Si evidenziano quindi le «crescenti preoccupazioni circa il rischio di un’ulteriore revisione al ribasso». Di qui l’impegno a utilizzare le leve della politica monetaria, di bilancio e le riforme strutturali per sostenere la crescita.

Tre diverse leve, appunto, perché il solo intervento della Bce non si è rivelato sufficiente: le politiche monetarie, dicono i 20 Grandi, «continueranno a sostenere l’attività economica e ad assicurare la stabilità dei prezzi, ma da sole non possono condurre a una crescita bilanciata». Insomma, si deve ricorrere a «tutti gli strumenti di politica» possibili, inclusi quelli monetari, fiscali e strutturali, per irrobustire la fiducia economica e «rafforzare la ripresa».

Sintetizzando i lavori, il ministro Padoan ha sottolineato proprio il punto che sta più a cuore all’Italia, quello appunto dell’utilizzo dei margini di flessibilità sul bilancio: il G20, ha spiegato, si è aperto all’idea che «laddove ci sia spazio fiscale questo debba essere utilizzato per misure favorevoli alla crescita, ad esempio per spese per investimenti che sostengono sia la domanda sia la crescita di medio termine».

Commentando i recenti report sull’Italia di Ue e Ocse, Padoan ha ricordato che il nostro Paese «ha fatto molti progressi nell’agenda strutturale, ma ancora resta molto da fare». «Il debito è elevato e va abbattuto, perché un debito elevato che continua a crescere è elemento di fragilità: comincerà a scendere e diminuirà».

Quanto alla possibile Brexit – l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue: il referendum è il 23 giugno – i 20 Grandi concordano nel vederla come uno «shock» per l’economia globale. Il ministro britannico delle Finanze George Osborne definisce la situazione «terribilmente seria», una «minaccia per i posti di lavoro e la capacità di sostentamento delle famiglie».

«La Brexit – ha confermato il ministro Padoan – ove dovesse portare, e mi auguro vivamente di no, a una uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, sarebbe uno choc che classifichiamo sotto il titolo di choc geopolitico importante, quindi di choc negativo».

Alle misure per sostenere la crescita, e in particolare al quantitative easing attivato dalla Bce, si è riferito nel suo intervento il governatore di Bankitalia Ignazio Visco: «Non siamo arrivati al capolinea e la nostra responsabilità è evitare tendenze deflattive», ha spiegato. Dopo che aveva già dichiarato che la Banca centrale europea agirà «con tutti gli strumenti che ha a disposizione per mantenere una politica monetaria molto accomodante», il governatore ha aggiunto: «Per ora non si vedono rischi di possibili bolle speculative su particolari mercati» come effetto indesiderato di politiche monetarie troppo espansive. In ogni caso, «abbiamo strumenti migliori qualche anno fa» e «il sistema è più resistente».

Non è stata decisa nessuna vera e propria azione comune, o concertata, ma i componenti del G20 si sono impegnati se non altro, in conclusione dell’incontro di Shangai, a non effettuare svalutazioni competitive e a una stretta collaborazione sulle politiche valutarie.