Haiti, tre giorni in strada per cacciare il presidente

Il popolo haitiano vuole voltare pagina, deciso a sbarazzarsi del governo del presidente Jovenel Moïse, l’ultimo di una serie di capi di stato tutti ugualmente corrotti. Già il 18 ottobre il popolo era sceso in strada in tutto il paese contro la distrazione di oltre tre miliardi di dollari dal fondo di Petrocaribe – il programma solidale lanciato nel 2005 dal governo Chávez per distribuire petrolio all’area caraibica – operata dall’attuale governo e dai due precedenti di Preval e, soprattutto, di Martelly.

Un’appropriazione indebita di fondi pubblici di cui sarebbero responsabili diversi parlamentari, nessuno dei quali è stato finora raggiunto finora da alcuna inchiesta giudiziaria. Ma se la domanda posta allora con decisione per tutto il territorio nazionale – «Dove sta il denaro di Petrocaribe?» – era rimasta senza risposta, il popolo è tornato a riproporla con ancora più forza nella capitale e in altre città il 19 novembre, anniversario della battaglia di Vertières, quella della definitiva vittoria delle forze rivoluzionarie e popolari haitiane sul corpo di spedizione francese di Napoleone.

E questa volta, malgrado la violenta repressione, il popolo haitiano, al terzo giorno di sciopero generale, sembra deciso a non fermarsi prima di ottenere la rinuncia del presidente. La quale, secondo il leader contadino Chavannes Jean Baptiste, sarebbe un primo passo verso la costruzione di uno Stato finalmente «al servizio delle classi lavoratrici, degli operai e dei contadini».

***

Guatemala, 5.130 anni di prigione al soldato stragista

5.130 anni di prigione: è questa la condanna inflitta all’ex militare guatemalteco Santos López Alonzo, riconosciuto colpevole dell’assassinio di 171 persone durante il massacro de Las Dos Erres, nel Petén, nel dicembre del 1982, 30 anni di carcere per ogni persona assassinata. Una strage commessa (nel corso del conflitto armato interno che ha insanguinato il paese per 36 anni, fino al 1996) dai famigerati kaibiles, il brutale corpo di élite dell’esercito guatemalteco (attivo in particolare durante il governo di Ríos Montt) di cui l’ex militare faceva parte.

Estradato nel 2017 dagli Stati uniti, López Alonzo, il sesto militare condannato per il massacro, è stato accusato anche di aver rapito e tenuto con sé un bambino di 5 anni, Ramiro Osorio Cristales, la cui famiglia era stata uccisa nella strage. E proprio quest’ultimo, che nel 1999 grazie all’esame del Dna è riuscito a riunirsi con i nonni e altri familiari, è stato uno
dei principali testimoni del processo contro l’ex «padre adottivo».