Nigeria, strage di civili nel Borno

È successo di nuovo, nella Nigeria nordorientale: popolazioni civili ostaggio e vittime del conflitto che con assetti variabili prosegue ormai dal 2009 tra jihadisti ed esercito nigeriano. Stavolta sono 65 – stima purtroppo provvisoria – le persone trucidate nel corso di un raid compiuto sabato scorso in un villaggio dello stato del Borno non lontano dalla capitale Maiduguri.

 

Cittadini di Budu, nello stato del Borno, trasportano una delle 65 vittime del raid jihadista (Afp)

 

Non c’è ancora una rivendicazione ufficiale, ma la matrice islamista da queste parti è solitamente una garanzia. L’unica variante ammessa, a oggi, è capire se l’attacco sia riconducibile a Boko Haram o alla fazione scissionista che se ne è distaccata già nel 2016 e che ha giurato fedeltà all’altra parrocchia del jihadismo internazionale, l’Isis, facendo nascere lo Stato islamico in Africa occidentale (Iswap).

Di certo c’è che i miliziani hanno fatto irruzione a bordo di moto e hanno aperto il fuoco sulla folla che aveva appena partecipato a un funerale.

Seduto nel suo ufficio a Abuja, il presidente Muhammadu Buhari ha condannato l’attacco e ordinato ai militari di dare la caccia agli autori. Come se non lo stessero già facendo, con tutti i mezzi disponibili e il supporto delle forze armate degli altri paesi (Ciad e Camerun in prima fila) che hanno patito sconfinamenti dei gruppi armati e conseguentemente degli attentati. Buhari ha anche assicurato agli abitanti di Maiduguri e dintorni una maggiore protezione. Quella che fin qui non è riuscito minimamente a garantire loro,.

Secondo stime governative, dal 2009 ad oggi gli attacchi jihadisti in Nigeria hanno provocato oltre 27 mila vittime e costretto circa 2,6 milioni di persone ad abbandonare le loro abitazioni.

 

Sudan, nelle piazze si continua a morire

Malgrado l’accordo firmato lo scorso 17 luglio tra il Consiglio militare di transizione e il composito cartello delle opposizioni, si continua a morire nelle piazze del Sudan. L’associazione dei medici denuncia la morte a El Obeid, nello stato del Kordofan, di cinque giovani (di cui quattro studenti delle superiori) che partecipavano a una manifestazione per chiedere l’avvio immediato di un’indagine indipendente – prevista nell’intesa siglata tra le parti e subito scivolata in secondo piano – sul massacro di dimostranti inermi avvenuto lo scorso 3 giugno per mano delle Rapid Support Forces. Il cui capo, il generale Mohamed Hamdan Dagalo, che è anche vicepresidente della giunta militare, alla vigilia della ripresa dei colloqui con l’opposizione prevista per oggi ha fatto ieri visita al presidente egiziano al Sisi, uno dei principali supporter politici regionali dei militari sudanesi.

 

Marocco, 5 sentenze capitali in 10 giorni

Dopo i tre uomini condannati a morte per l’omicidio e la decapitazione di due turiste scandinave a Imlil, dieci giorni fa, la giustizia marocchina ieri ha emesso analoga sentenza nei confronti di due cittadini olandesi, ritenuti responsabili della sparatoria al caffè La Creme di Marrakesh del novembre 2017, in cui perse la vita un giovane di 26 anni e altre due persone restarono ferite. I due condannati – Edwin Gabriel Robles Martinez, origini dominicane, e Shardyone Girigorio Semerel, originario del Suriname – sono accusati di aver aperto il fuoco sugli avventori del caffè per un regolamento di conti tra bande criminali. Annemijn Van den Broek, portavoce del ministero degli Esteri olandese, fa sapere che i due avranno l’assistenza standard del consolato olandese, ma spetta ai loro avvocati presentare un eventuale appello.