La prima del Sudan, Bashir alla sbarra per il golpe dell’89

Si è aperto ieri a Khartoum il processo all’ex presidente del Sudan Omar al-Bashir per il golpe del 1989 contro l’allora primo ministro Sadiq al-Mahdi. A più di un anno dalla sua deposizione a seguito di proteste di massa, Bashir affronta un nuovo giudizio che potrebbe vederlo punito con la pena di morte.

La prima udienza, ieri, è durata poco: il processo è stato aggiornato all’11 agosto. Oltre a Bashir sono imputati 10 militari e sei civili, tra cui ex ministri e governatori, tutti accusati di aver realizzato il colpo di stato, arrestato leader politici e sospeso il parlamento. È la prima volta che in Sudan si svolge un processo per golpe.

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Israele demolisce centro palestinese anti-Covid a Hebron

Dopo tre mesi di lavori per costruire un centro di diagnosi e cura per il Covid-19 nella città palestinese di Hebron, le autorità israeliane hanno inviato i bulldozer militari a demolirlo. Con i casi in preoccupante aumento, soprattutto a Hebron, avrebbe potuto sgravare il peso dell’emergenza dagli ospedali locali. Era stato costruito con donazioni private, per un totale di 250mila dollari.

La terra era stata donata dall’ingegnere Maswadeh che ha supervisionato il progetto. Il centro era stato eretto in Area C, sotto il controllo militare e civile di Israele, che non ha rilasciato il permesso alla costruzione – pressoché impossibile da ottenere – e lo ha demolito, senza che entrasse in funzione.

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Inondazioni in India e Nepal, quasi 4 milioni di sfollati

Le inondazioni che hanno colpito lo Stato indiano di Assam e il vicino Nepalo hanno ucciso almeno 200 persone e costretto alla fuga, rispettivamente 2,75 milioni e un milione di abitanti in due settimane, fanno sapere le autorità locali. Ad Assam le piogge monsoniche hanno provocato l’esondazione del fiume Brahmaputra che ha inondato oltre 2mila villaggi. Ora le autorità locali temono un aggravarsi del bilancio di casi positivi al Covid-19.

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Malesia, rohingya condannati alle bastonate
Ventisette rifugiati rohingya, entrati illegalmente in Malesia dal Myanmar, sono stati condannati al carcere e a sei bastonate. I loro avvocati hanno mosso ricorso. In attesa dell’appello il caso ha sollevato le proteste delle organizzazioni internazionali per i diritti umani che parlano di pena crudele e di tortura. La Malesia non riconosce lo status di rifugiato previsto dal diritto internazionale e negli ultimi mesi ha respinto e arrestato centinaia di profughi rohingya.