Pena di morte per il giornalista iraniano Zam

Il giornalista iraniano Ruhollah Zam è stato condannato a morte ieri con l’accusa di utilizzo di app di messaggistica per incitare al dissenso. A capo del sito anti-governativo Amadnews, che attraverso Telegram raggiunge 1,4 milioni di utenti, Zam (figlio del religioso riformista Mohammad Ali Zam) è accusato di aver spinto alle proteste nazionali tra il 2017 e il 2018. Potrà presentare appello contro il verdetto. Misteriosa resta la modalità dell’arresto: Zam viveva in esilio in Francia ma è stato arrestato lo scorso anno con quelle che le Guardie rivoluzionarie hanno definito «metodi moderni di intelligence e tattiche innovative».

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Ucciso il musicista etiope pro-Abiy Hachalu Hundessa

Il noto musicista etiope Hachalu Hundessa è stato ucciso a colpi di pistola nella capitale Addis Abeba. Di etnia Oromo, 36 anni, è stato colpito lunedì notte , secondo quanto riportato dalla polizia che ha già arrestato alcuni sospetti. Tra i primi a esprimere cordoglio il primo ministro Abiy Ahmed: «L’Etiopia ha perso una vita preziosa», ha detto. Già ieri le prime reazioni: gruppi di giovani hanno espresso la loro rabbia bruciando copertoni e cantando le sue canzoni in strada. Da ex prigioniero politico, Hundessa aveva partecipato attivamente alle proteste anti-governative degli Oromo e sostenuto l’ascesa al potere di Abiy Ahmed.

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Torture e decessi nelle prigioni segrete yemenite

La denuncia arriva dall’organizzazione yemenita per i diritti umani Mwatana che in un rapporto di 87 pagine reso pubblico ieri accusa entrambe le parti del conflitto (il movimento Ansar Allah, espressione politica degli Houthi, e le forze governative e i loro alleati emiratini) di gestire almeno undici centri di detenzione segreti dove dal 2016 sono state detenute e abusate migliaia di persone. Mwatana è riuscita a documentare, attraverso 2.566 interviste, oltre 1.600 detenzioni arbitrarie, 770 sparizioni forzate, 344 casi di tortura e 66 decessi.

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Unhcr: in Congo un milione di sfollati in sei mesi

Sono oltre un milione gli sfollati nelle regioni orientali della Repubblica democratica del Congo dall’inizio dell’anno, secondo l’Unhcr, portando a cinque milioni il numero totale di rifugiati interni. L’agenzia Onu denuncia «uccisioni, mutilazioni, stupri e saccheggi» compiute dai gruppi armati sui civili che tentano di tornare nelle loro comunità e percepiti come sostenitori dell’esercito.