Rapporto torture, l’Egitto blocca il sito di Hwr

Mercoledì è uscito il rapporto di Human Rights Watch che (testimonianze alla mano) accusa le autorità egiziane di sistematiche torture sui detenuti. Ventiquattr’ore dopo Il Cairo ha bloccato il sito di Hrw, ultimo di 424 siti e agenzie di informazione offline da maggio.

Nessun commento dal governo ma bastano le parole del ministero degli esteri, a commento del rapporto: «Un nuovo episodio di una serie di deliberate diffamazioni da parte di certe organizzazioni, la cui agenda politicizzata riflette gli interessi di entità e paesi che le sponsorizzano – ha detto il portavoce Abu Zeid – L’organizzazione è nota per la sua faziosità. Hanno usato fascicoli di 20 anni fa come se si trattasse delle circostanze attuali».

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Tutu a Suu Kyi: «Il silenzio è un prezzo troppo alto»

Da un premio Nobel all’altra: ieri Desmond Tutu ha inviato una lettera alla leader del Myanmar San Suu Kyi, nella bufera a causa dell’insistente silenzio sulla repressione e la cacciata della minoranza rohingya.

«Quello che alcuni chiamano ’pulizia etnica’ e altri ’un lento genocidio’ prosegue e di recente è accelerato – scrive l’arcivescovo sudafricano – È incongruo che un simbolo di rettitudine guidi un tale paese. Se il prezzo politico della sua salita all’ufficio più alto del Myanmar è il suo silenzio, il prezzo è di certo troppo alto».

Sale intanto il numero di profughi rohingya: secondo l’Onu, dal 25 agosto sarebbero arrivate in Bangladesh circa 270mila persone, mentre nel paese proseguono i pogrom dell’esercito birmano: villaggi dati alle fiamme e civili uccisi barbaramente.

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Turchia, tribunale ordina il rilascio di un deputato Hdp

«Scende» a nove il numero di parlamentari del partito di sinistra turco Hdp tuttora in carcere: ieri la quinta alta corte penale di Diyarbakir ha ordinato il rilascio del portavoce e capogruppo in parlamento, Ayhan Bilgen, in prigione da fine gennaio.

Bilgen era stato arrestato con l’accusa di essere membro di organizzazione terroristica (il Pkk, nello specifico) e di incitamento alla violenza. Secondo la corte, che ha accolto l’appello dei legali, può essere processato a piede libero. Rischia fino a 23 anni di prigione.

Restano invece in carcere i due co-presidenti dell’Hdp, Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag, e altri 7 deputati. O, meglio, ex: a quattro di loro, compresi i due leader, è stato tolto il seggio in parlamento. Sono inoltre centinaia i sindaci e i consiglieri comunali eletti nei distretti a maggioranza kurda, a sud est, tuttora detenuti in carcere con accuse politiche