Corea del sud, stupratore seriale identificato 30 anni dopo

Nel periodo di Mindhunter e Unbelievable, due serie tv che si occupano di crimini seriali con donne come vittime, non poteva che catturare l’attenzione dei media internazionali, la notizia che arriva dalla Corea del Sud, secondo la quale, grazie alle analisi del Dna, è stato scovato l’autore di stupri e omicidi seriali di donne, ricercato da 30 anni. Al caso la polizia sudcoreana ha dedicato oltre 1.800 giorni di lavoro, sentendo oltre 20mila testimoni e comparando altrettante impronte digitali, solo tra il 1986 e il 1994, per l’omicidio di dieci donne. Il colpevole si chiama Lee Chun-jae,ha 56 anni e si trova già in carcere, dove sconta una pena per aver ucciso nel 1994 la cognata. Il suo caso aveva ispirato anche un film, Memories of Murder di Bong Joon-ho, vincitore quest’anno della palma d’oro a Cannes con Parasite.

Anche le isole Kiribati rompono con Taiwan

L’attuale guerra a bassa intensità diplomatica contro Taiwan consente di intraprendere una maggiore conoscenze di isole e arcipelaghi del Pacifico non sempre, anzi quasi mai, al centro di intrighi internazionali. Dopo le Isole Salomone, ieri anche le isole Kiribati hanno deciso di interrompere le relazioni diplomatiche con Taiwan. La nazione del sud pacifico – che ha una bella bandiera, per quanto di origine coloniale britannica, con un sole che sorge sorvolato da una fregata – per altro non era proprio un alleato qualunque per Taiwan, perché dopo le isole Salomone è una delle isole più abitate del Pacifico meridionale, con 115 mila abitanti.
A Taipei rimangono ben pochi amici da quelle parti: Tuvalu, Nauru, Palau e le isole Marshall.

«Not my time», De Blasio si ritira dalle primarie

«Andare là fuori, poter ascoltare le preoccupazioni delle persone, affrontarle con nuove idee, è stata un’esperienza straordinaria. Ma allo stesso tempo devo dire che mi sento di aver dato tutto ciò che potevo a queste primarie». In un’intervista a Msbnc il sindaco di New York Bill de Blasio ha annunciato la sua rinuncia a correre per le presidenziali, abbandonando così la competizione per le primarie dei democratici. «Proseguirò il mio lavoro come sindaco e continuerò a battermi per la classe lavoratrice e per un partito democratico che sta dalla parte dei lavoratori», ha aggiunto de Blasio che non aveva potuto partecipare all’ultimo dibattito tra i candidati, perché non aver raggiunto i requisiti necessari in termini di sondaggi e di finanziamenti.

«La sindrome dell’Avana» colpa delle zanzare

Ce ne siamo occupati a lungo sul manifesto: tra il 2016 e il 2018 parte del personale delle ambasciate canadesi e americane a Cuba si ammalarono.
Addirittura l’amministrazione del presidente degli Stati uniti, Donald Trump, aveva accusato il governo cubano di aver attaccato i diplomatici con una sorta di arma sonora. Il Canada invece ha voluto capirci qualcosa e ha commissionato uno studio i cui risultati sono stati esposti nei giorni scorsi. Secondo il report, la causa dei malesseri denunciati dal personale diplomatico sarebbe una neurotossina utilizzata nella fumigazione dei pesticidi. La fumigazione a Cuba è aumentata oltre la consueta routine nel 2016, quando il governo si è mobilitato per combattere la diffusione del virus Zika, secondo quanto affermato nel rapporto.

Al Sisi, viaggio lampo all’Onu: in patria troppi scandali

Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi è partito ieri sera per New York, dove è atteso per l’assemblea generale dell’Onu. Ma la visita rischia di durare molto meno del previsto.  Al-Sisi sta affrontando in queste settimane alcuni scandali che lo hanno travolto insieme a importanti esponenti delle forze armate.
Le denunce, che hanno suscitato un forte dibattito nel paese e riattizzato il malcontento latente, sono partite da una serie di video (diventati virali) diffusi da un costruttore che ha lavorato per anni con appalti dell’esercito e che ora invita la popolazione a ribellarsi.
Secondo fonti governative il rais avrebbe persino valutato di annullare il viaggio negli Usa, mossa sconsigliata però dalle agenzie di intelligence per non mostrare eccessiva debolezza.

Turchia, due giornalisti rischiano 5 anni di carcere

Rischiano fino a cinque anni di carcere i due giornalisti Kerim Karakaya e Fercan Yalinkilic di Bloomberg chiamati a giudizio venerdì scorso da Ankara. L’accusa è di tentato sabotaggio all’economia turca in seguito alla pubblicazione di un articolo sulla crisi monetaria del Paese. Il reportage di Bloomberg era uscito nell’agosto 2018, proprio nel giorno in cui la lira aveva perso circa un quinto del suo valore nei confronti del dollaro. In particolare, nel pezzo si affermava che il Bddk, l’ente per la regolamentazione e vigilanza del settore bancario, avrebbe tenuto una riunione d’emergenza.  «Faccio fatica a capire perché la nostra storia abbia suscitato una reazione di questo tipo da parte delle autorità», ha dichiarato uno dei due giornalisti sotto accusa.

Tunisia, Ennahda sostiene Kais Saied contro Nabil Karoui

Dopo la sconfitta alle elezioni del suo candidato Abdelfattah Mourou, Ennahdha annuncia che sosterrà Kais Saied nella sua corsa alla poltrona presidenziale contro il magnate della televisione Nabil Karoui, ancora detenuto in carcere. Il partito islamista moderato ha scelto di appoggiare «il volere del popolo» dopo il misero 12% raccolto la scorsa domenica durante la prima tornata elettorale. Karoui, 56 anni, è arrivato secondo con il 15.6% dei consensi, mentre Saied, costituzionalista e assistente all’università di Tunisi si è aggiudicato il 18% delle preferenze. Saied, che punta a una radicale decentralizzazione del potere, si è espresso contro la depenalizzazione dell’omosessualità e a favore della pena di morte.

Nigeria, banca mondiale negozia prestito da 2,5 miliardi

Secondo il sito Financial Afrik la Nigeria starebbe negoziando una nuova tranche di 2,5 miliardi di prestiti agevolati dalla Banca mondiale. «Stiamo parlando di una nuova serie di programmi all’incirca dello stesso importo, che dovrebbe essere di circa 2,5 miliardi di dollari», ha dichiarato il vicepresidente per l’Africa della Banca mondiale, Hafez Ghanem. La Nigeria – come riporta Agenzia Nova – ha ricevuto 2,4 miliardi di dollari nel 2018 dall’istituzione finanziaria internazionale.
Di fronte all’elevato rapporto debito-Pil, per finanziare la spesa pubblica le autorità nigeriane hanno aumentato i prestiti a causa della volatilità dei prezzi del petrolio, con un debito interno stimato in 55,6 miliardi e un prestito esterno di 25,6 miliardi.