Morales e il voto in Bolivia: «Vinciamo noi»

L’ex presidente boliviano ha ribadito dall’Argentina la sua volontà di partecipare alla campagna elettorale in vista delle prossime presidenziali e non ha escluso un suo ritorno in Bolivia. «Sono ancora il presidente, se mi vogliono processare devono farlo attraverso una messa in stato d’accusa», ha detto. «Grazie al governo argentino ho la possibilità di essere vicino al mio paese e, se non mi permetteranno di entrare, vedremo come potrò contribuire da qui», ha aggiunto. Nel corso della sua prima intervista in esilio, rilasciata alla tv argentina C5N, Morales si è anche detto convinto che il suo partito sarà in grado di proporre un candidato unitario e di vincere le elezioni.

In Cile carabineros difesi dallo scudo Piñera

C’è da ieri la firma del presidente Sebastian Piñera sul progetto di legge presentato dal governo in parlamento, che stabilisce uno status speciale di protezione per le forze di sicurezza, trattando come aggravante qualsiasi aggressione individuale o di gruppo nei confronti di poliziotti (carabineros) o gendarmi. “Così recupereremo il dovuto rispetto nei confronti delle forze dell’ordine», ha detto Piñera. Il presdeinte cileno inoltre ha ribadito ieri che non ha nessuna intenzione di dimettersi, nonostante il livello di gradimento nei suoi confronti sia sceso ai minimi storici dall’inizio delle proteste sociali nel paese.

 

Gambia, scaduti i tre anni di Barrow

Dopo l’uscita di scena dell’odiato dittatore Jammeh e all’indomani delle elezioni vinte nel 2016, Adama Barrow annunciò che avrebbe rinunciato agli ultimi due anni dei cinque previsti dalla Costituzione per il suo mandato. Oggi a ricordargli la promessa ci pensa un movimento di protesta nato proprio con questo scopo: si chiama “Operation Three Years Jotna” (Operazione tre anni sono passati), ha la sua leadership in esilio e ieri ha portato migliaia di persone a manifestare nella capitale Banjul per lanciare un memorandum che chiede al capo dello Stato di passare i suoi poteri a un funzionario che ne faccia le veci fino al nuovo voto. In marzo Barrow aveva proposto di tenere nuove elezioni nel 2021, al termine di un regolare mandato presidenziale, ma la proposta è stata respinta da due dei partiti che formano la coalizione al potere.

 

Nigeria, respinti i sei anni di Buhari

Il presidente nigeriano Muhammadu Buhari, il cui secondo mandato scade nel 2023, nelle scorse settimane era stato costretto a smentire le voci secondo cui era pronto a proporre una modifica costituzionale per potersi candidare una terza volta. E ieri si è visto bocciare dal parlamento un disegno di legge presentato dal deputato John Dyegh, del Congresso di tutti i progressisti (Apc), il partito al potere cui appartiene lo stesso Buhari, che puntava a un’estensione del mandato di presidente, amministratori regionali e governatori da cinque a sei anni. Buhari è stato riconfermato lo scorso febbraio con il 56% dei voti. Al 41% si è fermato il leader dell’opposizione Abubakar Atiku (Partito democratico popolare, Pdp), che non ha riconosciuto il verdetto.

 

Carrie Lam in Cina, «priorità è porre fine alle violenze»

La chief executive di Hong Kong è stata a Pechino dove ha incontrato i vertici cinesi, compreso il Presidente della Repubblica popolare nonché segretario del Pcc Xi Jinping. C’era curiosità sulla visita, per capire in che modo Pechino avrebbe tentato di sostenere Lam la cui popolarità nell’ex colonia è ai minimi storici. Per Carrie Lam, «La priorità immediata per Hong Kong è porre fine alla violenza e ristabilire l’ordine», come ha affermato nel corso di una conferenza stampa a seguito degli incontri con Xi Jinping e il premier Li Keqiang, a Pechino. Lam ha riferito di aver informato i due leader sui disordini che da sei mesi interessano la città. «Quest’anno è ovviamente piuttosto speciale perché negli ultimi sei mesi Hong Kong è stata perseguitata da disordini sociali, disturbi e atti di violenza».

 

Cina e Russia: revocare divieti contro Pyongyang

Mentre il dialogo sulla denuclearizzazione sembra fermo e Pyongyang continua a produrre materiale propagandistico del proprio leader Kim Jong-un, di recente vanno forte le sue cavalcate a cavallo su sfondi innevati, all’ultimo Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, Cina e Russia hanno proposto di revocare almeno in parte i divieti imposti dall’Onu alle esportazioni nordcoreane di statue, prodotti ittici e tessili, al fine di incoraggiare il proseguimento dei colloqui tra Washington e Pyongyang. Come riporta Agenzia Nova, una bozza di risoluzione presentata dai due paesi «chiede anche di porre fine al divieto di impiegare lavoratori nordcoreani all’estero, e ad una misura del 2017 che impone il rimpatrio di tutti i lavoratori nordcoreani all’estero entro la prossima settimana». La bozza esenterebbe infine i progetti di cooperazione ferroviaria e stradale dall’ambito delle sanzioni Onu, consentendo così l’esercizio parziale della cooperazione pratica tra le due Coree. La bozza potrebbe essere messa ai voti, ma Usa, Regno Unito e Francia mantengono la posizione secondo cui nessuna sanzione dovrebbe essere revocata prima della rinuncia di Pyongyang ai suoi programmi balistico e nucleare. E proprio ieri l’inviato speciale per la Corea del Nord degli Stati Uniti, Stephen Biegun, ha criticato Pyongyang per il tono «ostile» delle recenti dichiarazioni ufficiali, ribadendo al contempo che gli Usa non si sono dati alcuna scadenza temporale per i negoziati. Biegun è atterrato a Seul due giorni fa per un incontro con l’omologo sudcoreano Lee Do-hoon. Nel corso di una conferenza stampa il funzionario statunitense ha dichiarato che la Corea del Nord «Sa come contattarci.